Elogio di Glenda e di chi sa costruire fragili passerelle nelle nostre strade e nei nostri paesi

Tolstoj apre Anna Karenina con una frase che contiene già tutto il significato del suo immenso romanzo: “Tutte le famiglie felici sono simili fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”. Una riflessione profondissima, nella sua sintetica semplicità. E che ci porta al concetto di quanto sia complesso comprendere la sofferenza ed il disagio, di quanto sia difficile entrate in empatia con chi vive vite faticose e, talvolta, perse.

Anche nel nostro Comune, a Sona, esistono realtà di sofferenza vera, di forte disagio, di fatica di vivere. Sono numerose, ben più numerose di quello che possiamo pensare. In alcuni casi sono fatiche evidenti, in altri casi sono sofferenze nascoste. Ma esistono, e segnano profondamente la realtà della comunità nella quale viviamo talvolta inconsapevolmente.

Il problema è che questa umanità dolente non la vediamo, non la vogliamo vedere. E quando pur la scorgiamo in lontananza, dietro a qualche angolo, sappiamo solo incasellarla in qualche struttura preconfezionata, che ci aiuta a non lasciarci coinvolgere. Quindi chi non riesce a farcela nella vita e nel lavoro è perché non ci ha provato, non si è impegnato, perché in fondo è uno sfaticato. Quindi chi non è capace di costruire rapporti affettivi o sociali forti è perché ha qualche lato oscuro, qualche angolo della propria vita torbido e da nascondere. Quindi chi non riesce a direzionare la propria famiglia o i propri figli entro i binari di una serena esistenza è perché non è un buon genitore, non sa investire nel proprio ruolo quello che va investito.

“Ma tantissime volte la volontà non c’entra mi ha spiegato Glenda Orlandi una delle prime volte che abbiamo affrontato per il Baco questi temi -. Certo, ci sono quelli che rinunciano in maniera colpevole a vivere da persone responsabili per se e per gli altri. Ma ci sono persone, tante, che semplicemente sono completamente prive degli strumenti personali necessari per affrontare il mondo. La volontà non c’entra, sono sguarnite di tutto. Adolescenti, adulti, anziani nudi di fronte alla vita, che può fare di loro tutto quello che vuole”. E mi ha aperto un mondo.

Glenda è stata paracadutata a Lugagnano un paio di anni fa, operatrice di quel progetto ABC voluto dal Comune di Sona e che tanto ha fatto e sta facendo, soprattutto a Mancalacqua. Una straordinaria professionista del mondo duro e complesso dei servizi sociali, che adora nascondersi dietro ad un’immagine spiazzante completamente priva di sovrastrutture e convenzioni. Una donna positiva ed energica come una dinamo, che a Lugagnano in tanti hanno imparato a conoscere e ad apprezzare, anche per le sue stranezze, come quei pantaloni sformati e quelle assurde scarpe da basket con i quali la si vede girare per il paese.

Glenda è una di quelle persone speciali che, confrontandosi con il disagio, sa andare oltre. Sa entrare in empatia spendendosi completamente, con intelligenza ma anche con passione, ben più in la di quanto richiesto dal suo ruolo. E’ una di quelle persone speciali che sa aprire porte e costruire passerelle.

Passerelle, non ponti. I ponti sono stabili, massicci. Il mondo nel quale si muove ed opera Glenda, e le persone come lei, è invece un universo ben più precario, che può cambiare ogni giorno. Dove tutto quello che oggi hai costruito con immensa pazienza domani può crollare miseramente per un semplice soffio di vento. Costringendoti a ripartire da zero. E a rifarlo anche il giorno dopo e pure quello successivo.

“Perché le persone fragili sono fragili veramente – spiegava a me e a mia moglie qualche giorno fa, di passaggio da casa nostra e nel mezzo di una delle mille emergenze nelle quali è sempre impegnata -. Chi conduce vite normali, in contesti socialmente robusti e con rapporti affettivi stabili non riesce a comprendere cosa significhi non saper relazionarsi con una società che non si riesce a capire, con la quale non si riesce a dialogare e nella quale non si riesce a vivere”. Come trovarsi davanti ad una massiccia porta chiusa e non essere nemmeno capaci di bussare.

Anche a Lugagnano, Palazzolo, San Giorgio e Sona abbiamo bisogno di tante persone come Glenda, che provano ad aprire quelle porte sbarrate a chi sta fuori. Perché se restiamo in attesa che i nostri concittadini persi trovino la forza, o il coraggio, di bussare, nel frattempo li avremo lasciati indietro per sempre. E una comunità vale soprattutto per quanto riesce a prendersi cura di chi è realmente ultimo, di chi realmente ha bisogno che gli si insegni anche solo a bussare.

“Le persone giudicano sempre gli altri avendo come modello i propri limiti”, scrive Paulo Coelho. Solo superando il giudizio sterile che nasce dalla pancia delle nostre paure e non dal cuore dei nostri ideali possiamo andare oltre.

Oggi quindi l’elogio del Baco va a Glenda, e alle persone come lei. Le fragili passerelle che tenacemente tentano ogni giorno di costruire in mezzo alle nostre strade e ai nostri paesi sono tra le realtà più solide ed importanti sulle quali investire.

Nato nel 1969, risiede da sempre a Lugagnano. Sposato con Stefania, ha due figli. Molti gli anni di volontariato sul territorio e con AIBI. Nella primavera del 2000 è tra i fondatori del Baco, di cui è Direttore Responsabile. E' giornalista pubblicista iscritto all'Ordine dei Giornalisti del Veneto. Nel tempo libero suona (male) la batteria.