Elezioni regionali. Elisa La Paglia (PD): “L’autonomia è solo l’alibi di Zaia. Il Veneto merita di più”

Prosegue il percorso del Baco verso l’importante tornata elettorale regionale del 20 e 21 settembre, alla scoperta di candidati e programmi.

L’esperienza politica di Elisa La Paglia (nella foto con Gianmaria Busatta del Baco), candidata nella lista del PD alle prossime elezioni regionali in Veneto, inizia con l’associazionismo ai tempi delle superiori e successivamente dell’università. “Ero rappresentante del Consiglio studentesco all’Università di Bologna”, racconta Elisa al Baco: “La tesi sul tema dell’economia della felicità e l’Erasmus a Londra hanno cambiato il mio modo di vedere tante cose, anche relativamente agli investimenti pubblici”.

Entrata a far parte del CdA di Amia per due mandati (ha avviato il tema della parentopoli scaligera), dal 2012 è consigliere di minoranza a Verona per il secondo mandato nel Partito Democratico.

Il tema dell’autonomia regionale sarà presente, ed eventualmente con quale priorità, nella vostra agenda politica?

Il Veneto merita nuovi ambiti dove esercitare le proprie responsabilità. Però credo sia solo l’alibi di Zaia. Molte materie, infatti, di cui abbiamo piena azione non vengono sviluppate.

Ci può fare un esempio?

Il tema delle strade, ad esempio, ridate ad ANAS è emblematico: un tema di nostra competenza e su cui si potevano eseguire manutenzioni e investimenti viene affidato a un ente statale. Le risorse economiche corrispondono a responsabilità; sembra che la Lega o i partiti autonomisti – che prima erano secessionisti e indipendentisti, non dimentichiamolo – vogliano più risorse, ma sempre meno responsabilità.

Se il PD vincerà alle prossime elezioni, che importanza darete all’autonomia?

Se vincessimo, dimostreremmo che molte delle materie e delle colpe che Zaia rivolge al Governo centrale appartengono già a delle competenze regionali. Il Veneto può fare molto di più con ciò che al momento ha già.

Quali sono le tematiche che meriterebbero di più?

Lavoro e formazione. L’assessore Elena Donazzan sul diritto allo studio non ha fatto nulla rispetto a quanto fatto da altre Regioni, idem l’assessore Federico Caner sulla delega alla programmazione Fondi UE.

Al di là degli slogan, in che senso non “fanno nulla”?

Prendo il turismo come ulteriore esempio. A differenza di altre Regioni in cui la pianificazione turistica viene sviluppata tantissimo, l’assessore Caner in Veneto ha creato il marchio “The land of Venice”, che per noi del PD è assolutamente controproducente; così come la creazione delle DMO (consorzio Destination Management Organization, NdR) che non vengono finanziate.

Se il turismo è da annoverarsi tra le competenze residuali delle Regioni, spetterebbe al Veneto il finanziamento.

Esatto, ma vince comunque la percezione che sia lo Stato a non finanziare il turismo della Regione Veneto, quando in realtà è stata perseguita una politica carente in quest’ambito. Su alcune materie l’amministrazione Zaia è così assente che non si ha la sensazione su quali competenze siano effettivamente regionali o statali. La formazione, ad esempio.

Le norme generali sull’istruzione, però, sono di competenza esclusiva statale.

Però il diritto allo studio è finanziato dalla Regione. Il cittadino chiede servizi, ma molti sono già di competenza regionale, nonostante venga detto che con l’autonomia avremo di più. Servizi che già altre Regioni offrono.

Quali servizi in particolare sul diritto allo studio?

Siamo piuttosto carenti, a mio avviso, sul sostegno al diritto allo studio, quindi tutto ciò che permette di avere delle borse di studio, di pagare l’affitto per gli studenti universitari o di usufruire del servizio del trasporto scolastico. L’Emilia Romagna, ad esempio, offre il trasporto scolastico gratuitamente.

Cosa proponete come PD per correggere o implementare questo tema?

Noi proponiamo di alzare l’attuale soglia ISEE di 23 mila euro per facilitare l’accesso alle case e sostenere gli affitti degli studenti fuori sede anche per i nuclei familiari di reddito medio.

Mi aveva citato anche il lavoro tra le tematiche che meriterebbero di più a livello regionale.

Una critica che spesso viene mossa è che i corsi per la formazione pagati dalla Regione siano dei “corsifici”.

Cioè?

Cioè, il fatto che le aziende non ne traggano vero beneficio e che li considerino come imposti e pro forma, e non effettivamente utili.

Ha qualche numero alla mano?

Ho raccolto molte testimonianze a riguardo. Un altro aspetto criticabile alla Regione è la sua assenza durante le crisi aziendali, senza mostrare un’attività di sostegno alle aziende maggiore.

“Sostegno” in che termini?

Sul livello di progettualità e pianificazione. Faccio un esempio: infrastrutture. Dato che il costo del trasporto delle merci è in media circa il 15% del totale, un investimento sulla linea ferroviaria e i trasporti potrebbe abbattere dei costi e rendere il Veneto anche maggiormente attrattore di realtà produttive. Stesso ragionamento su logistica e pianificazione regionale. Spesso la Regione ha ragionato per campanili e non per sistemi produttivi.

A livello locale ciò come si traduce?

Se ogni Comune ha costruito la propria area industriale senza tener conto di una visione d’insieme, il risultato rischia di essere inefficienza logistica, ma anche economica, non dando una priorità a quei territori che si mettono insieme su fronti complessi, come quello della produzione industriale.

Abbiamo parlato di autonomia a livello di competenze, ma non sarebbe corretto anche ragionare in termini di residuo fiscale?

La comunicazione politica è stata impostata sul tema economico, sui soldi che dal Veneto vanno a Roma. Bene, allora che la Regione, una volta autonoma, intervenga nella spesa degli insegnanti delle scuole o delle pensioni. Mentre, da una parte è vero che il Veneto viene considerata tax free dato che non viene applicata l’addizionale regionale IRPEF, dall’altra, invece, sono presenti quelle che chiamo “tasse occulte di Zaia”.

Di cosa si tratta?

Posti letti delle case di riposo a carico di molte famiglie, così come i servizi per l’infanzia, a differenza dell’Emilia Romagna che paga il 30% delle rette. Ma anche la prima visita medica che, a causa delle lunghe liste d’attesa, ciascuno deve pagarsi a proprie spese; pensiamo relativamente a questo tema al Piemonte: lì esiste un’agenda di gravidanza che permette di effettuare ecografie in modo efficiente presso il pubblico, senza ricorrere a cliniche private. Ecco, questa aliquota IRPEF, noi la paghiamo indirettamente, ma non equamente.

Una provocazione: può essere una questione di politica economica? Cioè, un approccio che lascia maggiore libertà al privato senza l’intervento dello Stato?

Va bene, ma è un ragionamento che vale solo per chi se lo può permettere. Se l’istruzione, ad esempio, è gratis, non è detto che sia di scarso livello.

Però ci troviamo in un contesto in cui vi è uno Stato fiscalmente invasivo e un eccesso di burocrazia.

È un approccio condivisibile, però c’è un’abitudine a dare una colpa a Roma e non a Venezia. E qui torniamo sul tema delle competenze statali e regionali.

Come Partito Democratico sulla sanità come interverreste?

Innanzitutto evitare di effettuare ulteriori tagli al comparto ospedaliero, e allo stesso tempo valorizzare e potenziare tutte quelle professioni di prevenzione delle malattie. Cito la neuropsichiatria infantile, ad esempio. Ma il tema è ben più ampio: si sta smantellando un sistema che stava funzionando ormai da un decennio.

Come?

Da vent’anni in Veneto c’è un forte collegamento socio sanitario e un’impostazione che garantisce continuità dalla medicina del territorio a quella ospedaliera. Se guardiamo solo la provincia di Verona, quanti ospedali o strutture intermedie, come gli ambulatori o i centri di riabilitazione, sono stati tolti dal territorio per accentrare su strutture ospedaliere più grandi? Bisogna intervenire per coprire le inefficienze su questo tema.

In un’intervista che recentemente il Baco ha fatto al candidato Stefano Casali, è emerso che possiede un approccio valutativo prudente sul tema della riforma di Azienda Zero. Lei che opinione ha?

La riforma ha portato inevitabilmente a una burocrazia maggiore e l’accentramento su Azienda Zero ha comportato un allontanamento dalle reali esigenze del territorio.

Sul tema Covid, è vero che Zaia “ha dettato l’agenda al Governo centrale”, come affermato dalla candidata Tortella?

Zaia ha fatto il controcanto, un po’ il protagonista televisivo durante l’emergenza sanitaria, traducendo il burocratese dei Dpcm di Conte in vulgata popolare nelle sue trasmissioni.

La politica è fatta di comunicazione e oggettivamente quella di Zaia è stata una comunicazione efficace.

Ha dimostrato abilità comunicativa a un popolo a cui basta la comunicazione e non i fatti. In Veneto la politica dei tamponi non è stata a tappeto fin da subito, dato che inizialmente non venivano testati gli asintomatici, fatto essenziale per tracciare i contagi del virus. Inoltre, ai medici di base, nonostante i comunicati stampa pubblicati, non sono stati dotati di adeguati dispositivi di protezione (come è stato segnalato dal dott. Mario Nicoli in un’intervista rilasciata al Baco).

Qualora venissi eletta, che ruolo rappresenterebbe Sona o la provincia veronese in generale all’interno delle scelte politiche regionali?

Direi il turismo sostenibile, cioè la valorizzazione dei territori a tutto tondo. Se la Regione investisse di più in ambiti culturali, nascerebbero nuovi posti di lavoro. Il Veneto deve smettere di ragionare con la mentalità di “The land of Venice” – hanno speso 2,4 milioni di euro per la promozione territoriale da parte di influencer, una baggianata – e iniziare a ragionare per reti territoriali, con una particolare attenzione alla cultura e ai servizi per i cittadini. Turismo, cultura e servizi devono essere oggetto di un unico e lungimirante intervento, in grado di sfruttare la preziosa posizione territoriale di Sona, collocata tra la città, il lago e l’aeroporto. Un intervento non per campanili, ma meritocratico

A Sona esiste da vari anni anche il problema della Sun Oil.

Questo ha priorità a prescindere, proprio per il rischio ambientale che possiede.

Nato nel 1994 e residente a Lugagnano, scrive per il Baco dal 2013. Con l'impronta del liceo classico e due lauree in economia, ora lavora con numeri e bilanci presso una società di revisione. Nel (poco) tempo libero segue con passione la politica e la finanza e non manca al suo inderogabile appuntamento con i nuovi film al cinema (almeno) due volte a settimana. E' giornalista pubblicista iscritto all'ordine dei giornalisti del Veneto.