Ecco perché a Sona la politica ha perso. Una riflessione sulle recenti amministrative

Sgomberiamo subito il campo da ogni equivoco: la riflessione che vogliamo proporre riguarda tutti gli attori della politica sonese. Chi ha vinto le amministrative del 10 giugno scorso, chi le ha perse e pure chi non ha nemmeno partecipato. Tutti.

A fronte di un risultato inequivocabile ed indiscutibile, la riconferma della maggioranza del Sindaco Mazzi senza nemmeno dover passare per le forche caudine del ballottaggio, l’altro dato che assolutamente emerge come dominante è quello dell’assenteismo, della mancata partecipazione al voto di 6.403 nostri concittadini sui 13.874 che ne avevano diritto, come ha ben spiegato su queste colonne il nostro Gianmaria Busatta.

Un numero impressionante, soprattutto perché stiamo parlando di voto comunale che, tradizionalmente, viene vissuto con partecipazione e trasporto proprio perché avvertito come contiguo alle nostre vite quotidiane, con attori – i candidati – che conosciamo e che incontriamo dietro l’angolo.

Eppure così non è stato. Poco meno del cinquanta per cento dei nostri concittadini non si è nemmeno avvicinato ai seggi, nonostante una campagna elettorale scoppiettante e nel corso della quale non sono mancati i colpi di scena e le prese di posizione forti.

Cosa ricavarne? Inutile girarci attorno, si tratta di un flop della politica. Della politica dei partiti, della politica dei movimenti e della politica delle liste civiche. Nessuno ha saputo intercettare questa larga parte di sonesi che, all’evidenza, sembrano non aver alcun interesse per la vita pubblica del territorio dove risiedono.

Per molti di loro il motivo probabilmente va ricercato nel fatto che qui tra noi si limitano a risiedere, magari per motivi assolutamente casuali, mentre il luogo dei loro interessi personali e professionali si trova altrove.

Ma per quanto riguarda tanti altri è evidente che i nostri politici locali non hanno saputo mostrare loro un percorso, una strada, un motivo per interessarsi a Sona. E non si tratta di capacità di comunicare o meno (la campagna che abbiamo alle spalle in questo a tratti si è distinta positivamente rispetto al passato) ma proprio di contenuti, di merito, di sostanza.

Perdere in dieci anni quasi il 30% dell’elettorato, in maniera progressiva, significa che la politica sta perdendo il contatto con il territorio. E che sa parlare solo a chi in qualche maniera è già coinvolto e quindi non ha, in realtà, bisogno di grandi stimoli per partecipare.

Qui non è in gioco, a nostro parere, l’amministrare bene o meno bene o il fare opposizione bene o meno bene, che è altro discorso e che riguarda l’attività propria di una Giunta e di un Consiglio comunale. Qui si tratta proprio di proposte, di linguaggio, di sapersi porre al centro del dibattito pubblico locale. Cose che a Sona mancano da molti anni. Paradossalmente mentre, invece, negli stessi anni l’attività amministrativa ha saputo dare sicuramente buona prova di sé.

Ci sentiamo di dire che a Sona (non solo a Sona, ma di questo ambito qui parliamo) viviamo immersi in una comunità post-politica, che guarda con diffidenza tutto ciò che in qualche maniera anche remota significhi dibattito sui contenuti, che è disinteressata ad ogni confronto sui principi, che evita ogni discussione sulle idee se non strettamente agganciate a qualche risvolto immediatamente concreto sul territorio.

Per alcuni ciò può sicuramente rappresentare un aspetto positivo, in fondo la nostra vita di ogni giorno appare più influenzata dal contesto infrastrutturale e di servizi in cui viviamo rispetto alla apparente vaghezza dei motivi per cui si fanno o non si fanno alcune scelte.

Ma a parere di chi scrive si tratta invece di una tendenza negativa, che impedisce di ragionare a fondo su ciò che come comunità vogliamo diventare, non solo oggi e domani ma nel medio e lungo periodo. E la colpa della politica locale è quella di esserne stata prima una delle cause e, dopo, di aver assistito a questo progressivo distacco senza preoccuparsi di affrontarlo, di capirlo, di contrastarlo.

Ormai il mondo e le sue sfide profonde lo abbiamo in casa, non solo in televisione. E per quanto possa apparire dissonante in un vociare pubblico che va esattamente nella direzione opposta, quello di cui abbiamo bisogno è di più politica, non di meno politica.

Nato nel 1969, risiede da sempre a Lugagnano. Sposato con Stefania, ha due figli. Molti gli anni di volontariato sul territorio e con AIBI. Nella primavera del 2000 è tra i fondatori del Baco, di cui è Direttore Responsabile. E' giornalista pubblicista iscritto all'Ordine dei Giornalisti del Veneto. Nel tempo libero suona (male) la batteria.