È di nuovo Natale, la festività che per antonomasia è la festa per le famiglie da passare in famiglia. Cenoni della vigilia, mega pranzi di Natale soprattutto in casa ma anche al ristorante, con nonni, bisnonni nipoti, zii…
Ormai, ogni anno appena passati “i morti” o Halloween per i più moderni è già Christmas Time. I negozi si riempiono di addobbi, pandori, panettoni, proposte di cesti e regali e dappertutto imperversano réclame che ci invitano a prenderci per tempo con i regali. Anche quest’anno da questo punto di vista non è stato diverso.
Eppure, questo 2020 non è uguale a nessun altro Natale che io mi possa ricordare. Sono ormai dieci mesi che questa pandemia avvolge tutti i nostri pensieri, di chi lo nega, di chi ne è terrorizzato come di chi, come me, cerca di viverla in modo più equilibrato.
Quindi anche tutti i discorsi sul Natale sono in salsa Covid. Da una parte è inevitabile. Per tre settimane abbiamo fatto congetture su cosa avrebbe detto il nuovo Dpcm, per le successive tre si sono susseguite proteste, meme, vignette su ciò che è permesso e su cosa no.
Ma veramente vogliamo ridurre il Natale a questo? A cercare il modo di aggirare un Dpcm per poter comunque fare il nostro pranzo senza alcun riguardo al motivo di questa limitazione e soprattutto ai quasi 60mila morti finora solo in Italia? 60.000 posti a tavola vuoti.
Fermo restando che di base è una festa religiosa, oggi come oggi il Natale è una festa di tutti (grazie forse anche alla Coca Cola e al suo Babbo Natale? – oh oh oh). Direi, anzi, che l’aspetto religioso ai più è proprio indifferente.
Ma se non si festeggia la nascita di Gesù (e anche qui dovremmo soffermarci su cosa vuol dire) che cosa si festeggia? Cos’ha di speciale il giorno di Natale? Cos’è che ci fa veramente arrabbiare del fatto che non lo possiamo festeggiare nel solito modo?
Siamo sicuri che sia veramente il non poter fare il pranzo di famiglia? O forse è il fatto di non poter fare quello che vogliamo?
A ben pensarci, però, tutta la nostra vita è fatta di cose che vorremmo fare ma non possiamo per svariati motivi. Leggi, convenzioni sociali, condizioni fisiche ed anche economiche condizionano e limitano la nostra libertà sempre.
Non nascondiamoci, quindi, dietro ai bambini, poverini quest’anno senza Natale, senza nonni e nonni soli senza nipoti. Ce ne preoccupiamo solo a Natale? Cerchiamo nel profondo del nostro animo cosa vuol dire per noi veramente festeggiare il Natale e diamoci da fare perché sia comunque il nostro Natale. Pranzo o non pranzo.
Come nel lockdown di primavera abbiamo sgomberato cantine e soffitte, approfittiamo di questo tempo per togliere gli orpelli consumistici al Natale.
Allora forse questa festa, posta non a caso subito dopo il solstizio di inverno, ci darà una luce di speranza di cui noi saremo i veri artefici.