Domenica prossima 15 settembre a Lugagnano si terrà l’inaugurazione del Centro Aiuto Vita, che in realtà è già operativo da alcuni mesi. Il programma prevede alle 9.30 la Messa presieduta da Mons. Roberto Tebaldi, delegato del Vescovo. A seguire, alle 11, si terrà l’inaugurazione vera e propria presso la Sala del Crocefisso, quindi un breve momento conviviale.
Con l’occasione di questa inaugurazione abbiamo chiesto alla Dottoressa Paola Spera, psicologa che collabora con il Baco, di commentare questa importante iniziativa.
L’intervista a Piergiorgio Vacchini, uno dei responsabili del Centro Aiuto Vita di Lugagnano, pubblicata su questo sito qualche giorno fa, ci dà la possibilità di riflettere su diversi temi, uno tra tutti i cambiamenti sociali e culturali che sono avvenuti negli ultimi decenni rispetto ad uno dei momenti più belli, ma nello stesso tempo più difficili, della vita di una donna: il diventare mamma.
Una volta c’era la quarantena: un periodo di semi-isolamento in cui entravano le donne che avevano appena partorito. In quei 40 giorni la donna si concentrava esclusivamente sul proprio recupero psico-fisico e sull’accudimento e allattamento del proprio bambino, circondata da una rete di sostegno pratico ed emotivo fatto di donne con più o meno esperienza sul campo: mamme, sorelle e cognate.
Oggi la donna è chiamata solitamente ad essere autosufficiente anche quando, come in un momento così delicato, non può certamente esserlo fino in fondo. Ed ecco che il post-partum viene vissuto come un handicap, una menomazione, una situazione da cui uscire il prima possibile: la donna freme perché vuole tornare ad essere attiva, indipendente, lavoratrice. Vuole tornare il prima possibile al suo aspetto fisico di prima, al suo ruolo di donna e di compagna a 360 gradi. Ma tutto e subito non si può fare, e così nascono e si sviluppano molte crisi.
La depressione post-partum, di cui spesso si sente parlare, è una vera e propria depressione (con i sintomi tipici della depressione come umore depresso o irritabile, marcata diminuzione di interesse o piacere per le attività quotidiane, significativa perdita o aumento di appetito o peso, insonnia o ipersonnia, agitazione o rallentamento psicomotorio, faticabilità o mancanza di energia, sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi o inappropriati, ridotta capacità di pensare, di concentrarsi o di prendere decisioni, pensieri ricorrenti di morte) e richiede un trattamento specifico, ma non è così frequente come si pensa: si parla spesso (forse troppo) di questo disturbo, ma in realtà colpisce solamente circa il 10% delle donne che hanno partorito.
Quello che invece si osserva molto più spesso è quello che viene chiamato “baby blues” o “maternity blues”, che colpisce fino al 70% della neo-mamme: una manifestazione passeggera, che può durare da alcune ore a qualche giorno, caratterizzata da stati quali crisi di pianto, oscillazioni dell’umore, ipersensibilità. Questo momento di “tristezza” (“blues” in inglese significa proprio questo) è tutt’altro che patologica, ed è legata alle numerose trasformazioni fisiche, psicologiche e relazionali che avvengono nei mesi durante e dopo la gravidanza, che hanno un impatto piuttosto potente sulla donna.
Fisicamente, la donna è affaticata, stanca e ha bisogno di riposo affinchè il corpo recuperi le energie spese con la gravidanza e il parto, e questo è reso difficile dal fatto che il bambino ha bisogno di essere accudito e allattato giorno e notte. Psicologicamente, la donna si sente inadeguata, ha paura di non capire i bisogni del bambino e di non prendersene cura nel modo giusto, di sbagliare. Il figlio fantasticato durante la gravidanza spesso non corrisponde a quello in carne ed ossa che ci si trova davanti, l’allattamento non è sempre così facile e si sperimentano spesso frustrazione e senso di impotenza. Da un punto di vista relazionale, il passaggio dall’essere in due all’essere in tre crea non pochi scombussolamenti, che mettono alla prova anche la coppia più salda e che possono far scoppiare la coppia che aveva già qualche incrinatura. Se poi ci si aggiungono problemi economici o di salute, tutti questi problemi si ingrandiscono. E la neo-mamma si ritrova spesso ad affrontare tutto questo da sola.
In diversi paesi del mondo si sta iniziando ad occuparsi del sostegno pratico ed emotivo alle donne durante e dopo la gravidanza, che non può più essere fornito dalla famiglia che è spesso distante o occupata con il lavoro. Purtroppo in Italia, anche a causa della attuale crisi economica che porta a fare dei tagli spesso proprio nel settore sociale, l’investimento in servizi di questo tipo è scarso e insufficiente.
Iniziative come quelle del Centro Aiuto Vita di Lugagnano hanno un valore inestimabile soprattutto nelle situazioni in cui la neo-mamma non ha bisogno di un aiuto specialistico ma, come nella maggior parte dei casi, semplicemente di essere ascoltata, accolta e rassicurata. L’iniziativa si basa esclusivamente sul lavoro dei volontari, e andrebbe incoraggiata e supportata con tutti i mezzi che abbiamo a disposizione. Una confezione di pannolini, oppure un’ora di tempo da dedicare settimanalmente a questa iniziativa, ci costa poco ma vale tantissimo.
Paola Spera
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