C’era un tempo, e forse c’è ancora ma non lo so, in cui noi bambini sapevamo il giorno dell’uscita del nostro giornalino preferito, ed entravamo in edicola pieni di aspettative, sperando che fosse arrivato, che non l’avessero venduto ad un altro bambino più veloce di noi.
Si entrava, e l’odore della carta ci avvolgeva carica di buone promesse. Per molti di noi a Lugagnano, dopo il negozio di dolciumi della Rosetta e la cartoleria di Quintarelli, il negozio di giornali era un piccolo paradiso. Fino alla settimana successiva, era tutto uno scambiarsi i preziosi giornaletti perché una settimana era lunga da passare. Per me è ancora uguale. I dolci non li posso mangiare ma i giornali rimangono ancora strumenti pieni di fascino e l’edicola un tempio dove gli edicolanti sono dei riferimenti competenti.
A Lugagnano, Clara e Sergio Castioni, gestiscono il loro negozio dal 1985. Sergio è figlio d’arte, e fratello di Giorgio edicolante nella vicina Sommacampagna con cui collabora tutti i giorni nella gestione di libri e testate. Clara lavorava alla Mondadori, quindi l’incontro è stato un incontro di carta oltre che di cuori. Il ricordo affettuoso passa a chi li ha preceduti. Tutti noi non possiamo dimenticare la signora Lidia che arrivava tutte le mattine da San Massimo, a piedi, per aprire la sua piccola edicola e fu proprio tramite un rappresentante di figurine (e chi senno’?) ad avvenire la trattativa.
Vi piacciono (ancora) i giornali?
Molto, è una passione che non si è spenta, quella che si è invece spenta è la televisione. Non la guardiamo più da anni.
Non eravate di Lugagnano, come siete stati accolti?
Chi ce l’ha venduta l’aveva messo nei patti iniziali, non sappiamo perché: l’avrebbe ceduta ma non a uno del paese. Diciamo che allora non c’era, secondo noi, ancora il sentimento di essere di Lugagnano, essere paese è una cosa che è arrivata dopo, per di più per lavori di manutenzione chiusero la strada, il progetto si stava trasformando in un incubo ma venne da noi l’allora sindaco Boscaini: vi va di venire alla nostra sagra con un vostro banchetto a tema rurale? Portate libri e riviste. Accadde che nel discorso di apertura ci presentò ai cittadini, come portatori di cultura e fummo sdoganati. Per dirla come si usa oggi: avemmo il nostro permesso di soggiorno.
Com’è cambiato il paese da allora?
Lugagnano l’abbiamo visto formarsi come comunità, all’inizio era un terreno molto fertile perché esisteva solo Auchan (allora Rinascente) e i nostri negozi erano protagonisti. Formammo i NAL, Negozi Associati Lugagnano che ancora oggi promuovono le relazioni tra i commercianti, e ci vide vincere tra mille peripezie, il ricorso fatto contro la Grande Mela per abuso edilizio ad uso commerciale. Abbiamo tutti pagato prezzi durissimi in quei sei anni ma, il piccolo risarcimento ottenuto fu devoluto in opere sociali, corsi, formazione, scuole, questo era per noi importante.
E oggi?
Oggi la gente è più appiattita, autocentrata, non la definiremmo una crisi economica ma una crisi umana. A volte la funzione di noi piccoli negozi rimasti in paese è anche una funzione sociale: anziani a cui portiamo il giornale e magari il pane, persone a cui Sergio va a cambiare la lampadina, stranieri a cui insegnare come si inserisce una scheda telefonica. Un po’ di tutto.
Ma i giornali si vendono? E quali?
Noi abbiamo sempre puntato sulla vendita di giornali rinunciando anche ad ampliare i giochi e a scegliere piccole casi editrici che nessuno conosce per cui siamo molto propositivi. Abbiamo fatto una scommessa meno redditizia ma più soddisfacente: la lettura. Negli anni, la proposta gossip si è molto ampliata a sfavore delle riviste diciamo serie e questo la dice lunga. Ma anche nelle riviste minori si può trovare qualche piccolo articolo su cui fare qualche riflessione. Non tutto poi si trova sui giornali. Noi facciamo parte del Social Forum Mondiale, seguiamo i loro eventi in giro per il mondo perché oltre la stampa ci sono notizie che puoi scambiarti solo in posti dove c’è confronto. Si può dialogare con il resto del mondo, e per me (dice Clara) che mi sento una Palestinese d’adozione, vuol dire moltissimo.
E di queste esperienze cosa portate in edicola?
Tutto quello che si può: volantini, libri, incontri. A volte le persone entrano da noi non solo per comprare il giornale ma per discutere, a volte anche in modo animato ma siamo fatti così. Non bisogna essere permalosi per avere a che fare con noi. Non serve. Poi caffè e pace. Noi pensiamo che ingrandire il nostro negozio sia difficile ma ingrandire le teste sia possibile anzi, auspicabile. Pensa che tutti gli anni portiamo con un pullman un gruppo di nostri clienti a Torino per la Fiera del Libro. Se non è passione questa…
Clara, ma tutta questa passione sta simpatica a tutti?
(ride) Ti rispondo con le parole di un nostro caro amico Vescovo oggi responsabile CEI che a Lugagnano negli anni 70 insegnò alla Scuola Popolare. Quando vuoi mettere in discussione qualcosa o qualcuno devi denunciare, mettere in atto un’azione, una proposta, e poi verificare se sei nella verità. E su questo cerchiamo di basare la nostra filosofia.
A proposito di filosofia: che tipo di edicola siete?
Dal punto di vista delle scelte, data la vasta gamma di riviste anche specialistiche, siamo una delle dieci edicole più importanti della provincia di Verona, veniamo anche usati come tester quando esce una nuova pubblicazione, poi per quanto riguarda il servizio ci adoperiamo il più possibile: apriamo alle 5,30 così i ragazzi possono trovare anche l’emergenza basica scolastica, teniamo tutti i biglietti di tutte le corriere, e sempre un sorriso di buon augurio fino a che si comportano bene.
Chi? I ragazzi?
Anche i ragazzi sono cambiati, oggi a differenza di una volta non vengono a sbirciare o a cercare di prendere senza pagare il giornalino hard (e quando accadeva partivano predicozzi nel retrobottega che ancora oggi se li ricordano) oggi chiedono il Mein Kampf e poi seguendoli da lontano, li scopriamo peggiorare. Non tutti per fortuna ma ci sono.
Può un negozio come il vostro in qualche modo influenzare la vita di un paese?
Noi in questi 35 anni abbiamo organizzato incontri con persone di spicco: Zanotelli, Caselli, Travaglio e ogni volta abbiamo visto che si apprende qualcosa, ma la verità è che abbiamo curato le relazioni e sono quelle che incidono nella vita delle persone. La cultura non fa fare soldi ma fa pensare, anche il nostro rapporto con la politica è sempre stato quello di valutare le persone al di là del loro simbolo, i politici sono esseri umani e hanno le loro debolezze, vanno visti nel loro operato in un tessuto sociale che è sempre molto arrabbiato e pretenzioso. Non è facile.
Si può capire una persona da quello che compra?
Eccome. Ma la cosa più bella è vedere le conversioni. Chi parte in giovinezza con delle convinzioni, anche nelle letture, e dopo alcune esperienze anche forti, come un ingaggio in guerra ad esempio, torna e cambia pensiero, e quindi letture. Capita. E quando capita, noi abbiamo un’agenda ricca di riferimenti da fornire. E’ la bellezza delle persone.
Tra una miriade di giornali c’è qualcosa di innovativo?
Può sembrare strano ma un giornale che di questi tempi sa raccontare punti di vista nuovi, è Avvenire, soprattutto nelle pagine economiche.
Qualche progetto nel cuore?
Molti, e qualche rammarico; a esempio quello di non aver potuto realizzare a Lugagnano un grande murales dell’artista cileno Mono Carrasco, dopo anni di progettazione e relazioni, ci è stato bocciato dalla commissione edilizia. Peccato.
E quando andate in vacanza? La chiudete la testa o no?
(ride) Devi sapere che io vorrei solo spegnere e che Sergio mi legge i quotidiani a voce alta mentre sto lì con gli occhi chiusi. Mai in festa. O sempre in festa, dipende dai punti di vista.
Finiamo di bere il caffè e penso ai piccoli negozi dei paesi che contengono mondi, parti di noi che non ci ricordavamo. Penso a con quanta leggerezza a volte scegliamo luoghi anonimi dove non sanno chi siamo, da dove veniamo e lì, lasciamo i nostri soldi. In questo tempo passato a chiacchierare, Sergio e Clara hanno nominato persone, anche della mia famiglia, con affetto, persone del paese che non ci sono più e che avevo dimenticato perché la vita è così. Ma può non esserlo da oggi. Possiamo decidere di ricordare il nostro codice di appartenenza. Vale la pena. Siamo noi.