Prosegue il percorso del Baco alla scoperta dei cuochi del territorio, professionisti o semplici appassionati. Oggi incontriamo Walter Radowski, chef della Trattoria Belvedere a San Giorgio in Salici.
Si tratta di uno dei locali storici della frazione, conosciuto da tutti ed apprezzato da molti, un vero punto di riferimento culinario non solo per gli abitanti del paese, ma anche per chi ha provato la sua cucina attirato dalle recensioni positive pubblicate sul web. Se si parla del Belvedere ci si riferisce ad una cucina semplice, genuina e molto attenta alle materie prime che utilizza; un luogo d’incontro tra ciò che offre il territorio e i desideri dei clienti.
Qui Walter regna sovrano: la cucina è il suo mondo e la passione e la dedizione che riversa nei suoi piatti ne sono testimoni. “La mia cucina è fatta con amore”, mi dice subito lo chef, e ancor prima che l’intervista inizi mi lascia un attimo in attesa perché deve andare a mescolare il baccalà, uno dei suoi piatti più riusciti, perché altrimenti si brucia e poi deve ricominciare tutto daccapo.
Walter, qual è la storia di questo ristorante?
Tutto è partito dal desiderio di mio padre, Karlheinz Radowski, di aprire un’attività in proprio, era il 1975, e dopo aver pensato a lungo, lui e mia madre, Valentina Dal Dosso, hanno acquistato questo locale iniziando a lavorarci a tempo pieno. Mia madre cucinava mentre mio padre serviva ai tavoli, si occupava dell’accoglienza dei clienti e di tutta la parte gestionale e burocratica, di cui oggi si occupa mio fratello Franco. Al momento dell’apertura c’era sia il ristorante che il bar, avevamo più personale che ci aiutava sia in cucina che in sala ma nel corso degli anni è rimasto solo il ristorante. Quando poi siamo cresciuti anche io e mio fratello abbiamo deciso di dare una mano in quest’attività e tutt’oggi la gestiamo assieme a nostra madre. E’ questo che i nostri clienti apprezzano di più, l’aria di casa che si respira appena si entra, è una trattoria a gestione familiare in cui ti puoi sedere, gustare buoni piatti e fare quattro chiacchiere in allegria.
Come sei diventato cuoco?
Non ho frequentato una scuola per diventare chef, la mia è stata una “vocazione tardiva”. Conclusa la scuola media, infatti, sono entrato in un’officina meccanica, i miei progetti per il futuro erano altri. Un’esperienza imprevista è stata quella vissuta durante il periodo della leva militare, dove ho lavorato in cucina. Lì ho iniziato a preparare i primi piatti, a prendere confidenza con gli ingredienti e a trovare soddisfazione in quello che cucinavo. Sono una persona che quando inizia un lavoro lo vuole portare a termine con cura, ci tengo davvero molto a cucinare dei piatti che piacciano alle persone e li inducano a ritornare al mio ristorante.

Che cosa provi sapendo di portare avanti il sogno di tuo padre?
E’ una grande responsabilità ed è anche molto impegnativo ma non sono da solo, mia mamma mi sostiene e ho l’aiuto concreto di tutta la famiglia: mia moglie mi aiuta nel fine settimana assieme a mio figlio che, nonostante abbia optato per studi differenti da quelli inerenti alla ristorazione, non si tira certo indietro se c’è bisogno del suo aiuto, soprattutto durante la stagione estiva; inoltre posso contare sulla professionalità di Elena Mironica.
Qual è la tua idea di cucina?
La mia è una cucina tradizionale, semplice, fatta con amore, facendo attenzione al gusto. Spesso la pasta viene fatta in casa e nel caso in cui un cliente abbia una richiesta specifica, noi cerchiamo sempre di accontentarlo. Cerco di cucinare delle pietanze che prevedano prodotti di stagione, così sono più saporite e genuine. Nel tempo ho selezionato i fornitori e ho optato per delle materie prime di qualità, come la carne, spesso fornita da Giuseppe Sartori, macellaio del paese in cui ripongo la massima fiducia.
C’è un piatto a cui sei legato?
La mia specialità è il baccalà, ma cucino anche tante minestre, mi piace molto prepararle. I clienti del ristorante sanno che qui possono trovare sia piatti della tradizione, frutto di impegno e lavoro, che pietanze più veloci come piatti freddi. Questo per dare la possibilità anche ai lavoratori che a mezzogiorno hanno poco tempo per pranzare, di non aspettare e di gustare subito un piatto preparato in mattinata.
Quale ritieni sia il piatto più facile da preparare?
I bigoli alla carbonara, ma io non seguo la ricetta originale, diciamo che l’ho resa un po’ veneta: utilizzo la pancetta e solo il tuorlo dell’uovo, mentre per il formaggio uso il grana. Il vero trucco sta nel fatto che gli spaghetti devono essere ben caldi, non serve spadellarli ma vanno solo mescolati, così il tuorlo si rapprende ma non diventa grumoso.
Nelle precedenti puntate del nostro percorso abbiamo intervistato:
- Denis Mazzi, cuoco dell’Osteria Careta di Lugagnano
- Giorgio Berto cuoco della Baita di Palazzolo
- Ilaria Fasani e Daniele Olioso dell’agriturismo Campagnola
- Ezio Ceschi, che cucina per la sagra di Sona e per la Ronda della Carità
- Michele Olivieri della Trattoria Ai Salvi
- Valentina Ranzone con la sua cucina vegetale
- Claudio Campostrini chef de “La Creme” del Bosco