Fra marzo e maggio, erano state undici le interviste al Sindaco di Sona Gianluigi Mazzi pubblicate su questo sito.
Nelle difficili settimane del lockdown e in quelle speranzose della ripresa, quella del primo cittadino era stata una voce autorevole e informata, che aveva permesso di comprendere a fondo gli effetti sanitari, economici e sociali dell’epidemia nel territorio sonese.
Oggi, anche in Italia ci troviamo immersi nella seconda ondata, che è ormai arrivata a travolgere anche Sona, con l’aumento dei contagi e il conseguente carico di preoccupazioni. Abbiamo deciso, quindi, di tornare ad intervistare periodicamente il Sindaco Mazzi, per cercare di capire meglio la situazione e il suo evolversi.
Nel momento peggiore dell’epidemia, lo scorso 11 aprile, Sona aveva raggiunto il picco dei contagi, con 60 positivi in contemporanea. Un dato che, purtroppo, è stato nuovamente rilevato lo scorso 25 ottobre ed è stato poi superato nei giorni successivi. Anche se, come ha evidenziato Gianmaria Busatta sul Baco qualche giorno fa, siamo distanti dalle criticità cliniche della scorsa primavera, questi numeri allarmano. Lei cosa pensa?
Letto nel puro aspetto numerico, questo dato è elevato e, purtroppo, si alzerà ancora di più. Ritengo che il numero dei 90 contagiati complessivi che era stato registrato a Sona nella prima ondata verrà superato. Il dato fondamentale è comunque quello degli ospedalizzati: nella nostra provincia ieri erano 222 a fronte dei 4.685 positivi. Se questo dato regge, non avremo problemi nelle nostre strutture ospedaliere, e questa è la cosa più importante.
Nelle interviste della scorsa primavera, lei aveva palesato spesso il timore di una seconda ondata in autunno. Eppure, negli ultimi mesi, ci siamo abituati ad indossare le mascherine, a mantenere le distanze e a igienizzarci le mani. Perché siamo di nuovo a questo punto? Lei che spiegazione si dà?
Ritengo che il primo grande fattore scatenante, a livello nazionale, sia stata la ripresa della scuola, a cui è connesso anche il problema dei trasporti. A Sona, comunque, devo dire che l’aspetto scolastico è stato gestito molto bene, e non possiamo sostenere che da noi l’aumento dei contagi sia legato a questo. Stando a quanto ho potuto verificare io, i nostri casi sono invece legati a momenti conviviali, organizzati in casa senza il giusto distanziamento, oltre che ai ritrovi di ragazzi in luoghi pubblici, come parchi e panchine, senza mascherina.
Che atteggiamento raccomanda ai cittadini in questa situazione?
I dati dei contagi, che sono in continuo aumento, devono far capire ai cittadini che la seconda ondata deve essere gestita con la stessa paura e, di conseguenza, la stessa attenzione con cui era stata affrontata la prima. Mentre durante la prima ondata, ci trovavamo davanti a qualcosa di sconosciuto e la paura ci portava a tenere alto il livello di attenzione, adesso abbiamo più consapevolezza ma qualcuno la sta trasformando in superficialità. Rilevo infatti una certa incoscienza. Questo deve preoccupare molto, perché una maggior consapevolezza dovrebbe invece portarci ad alzare al massimo l’utilizzo dei dispositivi di protezione. È vero che si registrano meno ospedalizzazioni, ma è vero anche che a numeri importanti potrebbero corrispondere, proporzionalmente, eventi tristi, come ricoveri e decessi.
E pensare che, dopo tutto quello che abbiamo passato e che ci troviamo di nuovo a vivere, oggi ci sono addirittura persone che giustificano questa superficialità e incoscienza a partire da convinzioni negazioniste.
A questo proposito, devo dire che sono veramente stanco di persone che scrivono anche a me che il virus non esiste o che ce lo stiamo inventando. Sono affermazioni fuori luogo, che non solo non dovrebbero essere diffuse, perché quanto è accaduto in passato dovrebbe farci riflettere, ma che tanto meno dovrebbero essere mandate a un sindaco, che rappresenta lo Stato. Io invito veramente questi negazionisti a non scrivermi più. La situazione va analizzata e valutata a partire da dati oggettivi e non da interpretazioni fuori luogo trasmesse da persone senza competenze. Ricordiamoci che non tutto quello che leggiamo sui social è vero: dimostriamo di essere capaci di discriminare fra le informazioni utili e le libere interpretazioni.
Se compaiono dei sintomi sospetti, come bisogna comportarsi?
Bisogna imparare a rispettare i protocolli, questo ci tengo a sottolinearlo. Nel momento in cui c’è la febbre o un sintomo sospetto, il protocollo prevede che debba essere informato il medico di base e che sia lui ad attivarsi. Evitiamo le autodiagnosi, il terrorismo diffuso e le valutazioni personali rispetto a chi deve stare a casa e chi no. Se non si riesce a parlare con il medico di base, si può chiamare l’Ulss al numero dedicato. Purtroppo ci sono dei ritardi nelle risposte dei tamponi, e questo è un problema che deve essere risolto.
Parliamo della situazione economica. L’ultimo DPCM ha disposto, fra le altre cose, la chiusura delle attività ristorative alle 18, aprendo uno scenario pesante per molti lavoratori. E c’è da considerare poi il grave contraccolpo economico del lockdown, di cui hanno risentito in tantissimi. Può fare un commento a riguardo?
La situazione economica è drammatica, ed è una considerazione che faccio anche per esperienza diretta, dato che oltre a fare il sindaco io lavoro all’interno di un’azienda, anche se attualmente sono in aspettativa. Dopo quello che le attività avevano investito per adeguarsi alle regole, le nuove misure le mettono in una situazione difficile. Peraltro, dopo il lockdown, sono diminuiti i flussi di clienti, proprio perché sono cambiate le abitudini e gli stili di vita della gente. Quello che mi sento di dire ai miei concittadini è di non fermarci alle manifestazioni di vicinanza ma di portare, laddove è possibile, un aiuto concreto: sempre nel rispetto delle regole vigenti e delle condizioni di sicurezza, magari andiamo a pranzo, o ritagliamoci il tempo per un caffè, insomma pensiamo a qualche consumo in più in altri momenti della giornata. Oppure, visto che non si può più uscire a cena, consideriamo l’asporto. Come Comune faremo il possibile per aiutare le attività economiche, sempre però nei limiti di quello che può fare un ente locale e in base alle libertà che ci concederà lo Stato centrale. Come sindaci, stiamo cercando di sensibilizzare il governo sull’importanza di tutelare l’economia, perché un eventuale lockdown prolungato porterebbe alla chiusura definitiva di molte attività. Occorre la giusta sensibilità e attenzione sia per l’aspetto sanitario che per quello economico.
A proposito del cambio di abitudini, dopo un po’ di tempo in cui se ne erano ristabilite alcune, adesso dobbiamo necessariamente accettare una nuova trasformazione della nostra quotidianità. Come sono cambiate nelle ultime settimane le abitudini del Sindaco?
Avevo ricominciato a incontrare gente e ad essere disponibile al confronto di persona, mentre adesso tutte queste possibilità si stanno notevolmente ridimensionando. Il tempo che prima dedicavo agli incontri e al confronto con i cittadini ora viene speso nelle videoconferenze che abbiamo ricominciato a fare per gestire la situazione sanitaria. Le mie giornate e le mie serate stanno insomma tornando ad essere dedicate alle riunioni online.
Un’ultima domanda: secondo lei cosa ci aspetta nel prossimo futuro?
Dalle informazioni che ho raccolto negli incontri online che ho avuto, a cui hanno partecipato anche medici, i prossimi venti giorni sono fondamentali per capire se il Natale lo passeremo chiusi in casa o se ci saranno alcune libertà. Si tratta infatti di tenere monitorato il carico sul sistema sanitario nazionale, per comprendere, sulla base dei posti letto occupati e di quelli disponibili, se l’attuale sistema di protezione e salvaguardia, con le disposizioni dell’ultimo DPCM, è sufficiente oppure no.