Camicia bianca, giacca sotto braccio e mascherina tricolore. Il Sindaco Gianluigi Mazzi esce così dal Municipio di Sona, in una pausa dal lavoro quotidiano che riesce a ritagliare per questa intervista.
È l’undicesima dall’inizio dell’emergenza nel territorio sonese, e la prima che riusciamo a fare in presenza. Ovviamente, a un metro di distanza. Ci diamo appuntamento davanti al Monumento ai Caduti, su cui svetta la bandiera italiana che, orgogliosamente, il Sindaco di Sona porta anche rappresentata sulla sua mascherina. Quasi a rendere immediatamente visibile il fatto che oggi il semplice gesto di indossare una mascherina significa dare un contributo fondamentale alla ripresa di un’intera nazione, una nazione che è stata travolta da un’emergenza imprevista e drammatica, e che sta lentamente cercando di uscirne.
E – prima di spostarci nel suo ufficio per l’aggiornamento settimanale sulla situazione nel territorio sonese – davanti a quella fontana che l’amministrazione ha deciso di accendere di verde, bianco e rosso ogni sera per tutta la durata dell’emergenza, chiedo al sindaco se c’è qualcosa che si sente di dire ai suoi concittadini adesso che il momento peggiore della tempesta è passato e anche la comunità sonese sta iniziando a rialzarsi. La risposta è in questo video, che pubblichiamo qua sotto.
Ci spostiamo quindi in Municipio, dove i cambiamenti resi necessari dall’epidemia di questi mesi sono immediatamente evidenti. A partire dal gel igienizzante all’ingresso, che chiunque entra è invitato ad usare, per arrivare all’allestimento degli uffici, organizzati per garantire il rispetto delle distanze di sicurezza. Senza contare che dentro, da quando la maggior parte del lavoro è gestita su appuntamento e la maggior parte delle riunioni avviene in videoconferenza, c’è un silenzio quasi surreale. Ci sediamo alla sua scrivania, e comincio con le domande, pensando che, dopo anni di interviste, questa ha davvero dell’incredibile. Con quel gel igienizzante a portata di mano, l’attenzione meticolosa a non toccare nulla e la mascherina sempre alzata.
Questa settimana anche a Sona hanno riaperto parrucchieri, centri estetici, bar e ristoranti. Come è andata?
Nel complesso devo dire che è andata bene, ma ci sono stati segnalati dei problemi in qualche bar, dove si è creato qualche piccolo assembramento. Ecco, diciamo che qualche episodio di quella che chiamano “movida” c’è stato anche qui. Parliamo di gente che, nei locali, non rispetta le norme: niente distanziamento e mascherina abbassata. Quindi io ho chiamato i gestori e ho chiesto di risolvere subito il problema, altrimenti avrei chiuso il locale. Mi accorgo che all’interno si è molto rispettosi delle norme, ma il rischio è quello di trovare la baraonda fuori. E non è solo colpa del gestore ma anche dei clienti. Non può essere che ci si sia già dimenticati tutto. I controlli continueranno ad essere fatti, e per controllare gli assembramenti fuori dai locali utilizziamo anche le telecamere di sorveglianza.
Con la riapertura delle attività economiche, è stata sollevata anche la polemica sui centri commerciali aperti alla domenica. Lei cosa pensa?
Sono stato contattato da dipendenti della Grande Mela che mi hanno espresso il loro malumore per questo. Io condivido la loro posizione, ma la decisione sull’apertura domenicale non dipende da me, ma da una direttiva regionale.
Una questione che sta molto a cuore delle famiglie e rispetto alla quale non ci sono ancora risposte certe riguarda l’accoglienza estiva. A che punto siamo a Sona?
Noi siamo pronti, ma siamo ancora in attesa dell’indicazione regionale. Da linea guida nazionale, i centri estivi potrebbero aprire dal 15 giugno. La problematica però non è solo sanitaria ma anche economica oltre che logistica, perché cambia il rapporto fra educatori e ragazzi, dato che i gruppi dovranno essere meno numerosi, e occorre organizzare spazi e presenze per garantire le distanze. Dal punto di vista economico, il Comune può dare un contributo per supportare l’accoglienza estiva, e ciò è previsto nell’ambito dell’assestamento di bilancio a cui provvederemo proprio per promuovere la ripresa.
Cosa implicherà questo assestamento di bilancio?
Verranno spostate delle risorse in quei capitoli che oggi più che mai è necessario finanziare per ripartire, quali appunto quelli relativi al sociale, alla famiglia, alla scuola. Questo implica che avremo meno possibilità di procedere agli investimenti che avevamo programmato in altri ambiti. Tra l’altro, è di oggi la notizia che il Sona calcio è stato promosso in serie D: alla felicità per questo traguardo, si affianca purtroppo la consapevolezza che quest’anno non potremo garantire alla società uno stadio che sia adeguato alla nuova categoria. Non ci saranno infatti le possibilità economiche per intervenire sugli impianti sportivi. Spero che possa arrivare un contributo direttamente dal governo centrale o dalla Figc.
A questa riorganizzazione della destinazione delle risorse faceva riferimento anche prima nel video che abbiamo girato davanti al monumento. Parlava di richieste che le arrivano da parte dei cittadini, richieste che però non potranno essere soddisfatte proprio perché quest’anno molti fondi saranno utilizzati per supportare la ripartenza dopo l’emergenza. Può dire qualcosa in più?
Sta succedendo una cosa che non mi sarei mai aspettato. In questi mesi, mi sono messo totalmente a disposizione dei cittadini, che si rivolgevano a me per tutte le informazioni di cui avevano bisogno per orientarsi nella difficile situazione da cui anche la nostra comunità è stata travolta. Ho operato per tutelare la salute della cittadinanza e per comunicare in modo trasparente. Questo mi ha molto responsabilizzato nel mio ruolo, e mi è parso anche che il modo in cui ho gestito la comunicazione mi abbia fatto acquisire fiducia da parte dei cittadini. Eppure, dopo due giorni che sono state “aperte le porte”, mi sono arrivate lettere e richieste di una violenza tale che mi è sembrato che alcuni cittadini in questi mesi abbiano vissuto in un mondo diverso. Per usare una metafora, alcuni dei diciottomila sonesi che fino a poco tempo fa erano con me sulla barca e cercavano di tenere salva la vita, ora scendono dalla barca e si mettono a tirarmi sassi: mi chiedono ad esempio perché non ho asfaltato, o perché non ho fatto quella o quell’altra cosa. Insomma, gente che fino a pochi giorni fa era convinta del mio operato, apprezzando come stavo gestendo l’emergenza, ora mi sommerge di reazioni critiche su altre cose. Ci rimango molto male. Io so benissimo che ci sono tante opere da fare, ma quest’anno la priorità è sul sociale, sulle famiglie e sulle scuole. Dobbiamo sacrificare alcuni impegni che avevamo preso per una questione di buon senso. Come sono cambiate le priorità delle famiglie, sono cambiate anche quelle del Comune.
Un’altra questione che sta molto a cuore alle famiglie, soprattutto a quelle con bambini piccoli, è la riapertura dei parchi. Ci sono prospettive?
Questa è una questione che mi mette in difficoltà. Se da una parte aprire consentirebbe di evitare assembramenti in altre zone diventate luoghi d’incontro, come ad esempio i parcheggi, dall’altra parte prendere questa decisione non è semplice, perché la norma nazionale mi obbliga a contare ingressi e uscite – gli accessi vanno infatti contingentati per evitare assembramenti dentro – e a pulire le giostre ogni volta che vengono usate. Qualcuno potrebbe dire che non aprire è una scelta di comodo, ma io oggi, proprio per la questione delle risorse economiche a cui facevo riferimento prima, non posso pagare una persona che controlla. Capisco le mamme, che mi hanno anche scritto, e spero a fine mese di riaprire almeno le aree verdi che non hanno le giostre.
Una soluzione potrebbe essere quella di avere per ogni parco dei volontari che vigilano sul rispetto delle norme, rimanendo lì tutto il giorno o aprendo in determinate fasce orarie. Per quanto riguarda la necessità di evitare assembramenti interni, se ci fosse la garanzia di un genitore per ogni bambino che vigila sulle distanze sarei più tranquillo nel concedere le riaperture, ma il rischio che non voglio correre è quello di trovarmi con le mamme che parlano da una parte e i figli ammucchiati dall’altra.
L’emergenza coronavirus ha provocato una crisi economica grave, che ha avuto effetti devastanti a livello sociale. Nel territorio sonese sono emerse nuove povertà?
Sì, e si tratta soprattutto di lavoratori stagionali e occasionali, o famiglie che basavano la propria sussistenza sull’economia mensile, cioè spendendo tutto ciò che mensilmente entrava. Noi abbiamo erogato diverse tipologie di aiuto: i buoni spesa, erogati in percentuale simile a italiani e stranieri, e i fondi Ria (Reddito inclusione attiva), che sono contributi regionali integrati dal Comune, erogati soprattutto a stranieri. L’emergenza coronavirus, infatti, ha portato alla povertà coloro che facevano i lavori più umili con forme contrattuali pessime, e chi si trova in questa condizione sono per lo più gli stranieri.
L’intervista finisce, e quel saluto che un tempo avrebbe avuto la durata di una stretta di mano, questa volta dura per i secondi necessari a far asciugare sulle mani il gel igienizzante, che è stato sulla scrivania, accanto al foglio degli appunti, dalla prima domanda all’ultima risposta. Perché sì, il coronavirus ha cambiato anche il modo di fare un’intervista. Non lo avrei mai immaginato quindici anni fa quando ho iniziato a scrivere per il Baco, e nemmeno due anni fa quando in periodo elettorale, sempre per il Baco, avevo partecipato come intervistatrice al confronto fra i candidati Sindaci in una sala consiliare strapiena di gente, cosa che adesso sempre impossibile, lontana anni luce. Senza dubbio, questi tre mesi hanno rappresentato un passaggio d’epoca, anche per il giornalismo locale.