Coronavirus a Sona. La Festa della Mamma ai tempi del Covid-19: Non diamo mai per scontato chi c’è da sempre

Quest’anno, nel giorno della loro festa, le mamme se li meritano doppi gli abbracci e i baci dei figli. Non è stato per niente facile, infatti, sentirsi una madre all’altezza durante l’emergenza Coronavirus. Le mamme lavorano da sempre tantissimo, sia in casa che fuori, e su tante di essere gravano troppe responsabilità familiari, che non sempre sono equamente divise col padre dei loro figli. In Italia sono ancora tanti i passi in avanti da fare in questo senso.

Molte donne si sono trovate improvvisamente a dover gestire le incombenze domestiche, lo smart working e anche la scuola a distanza dei loro bambini in età scolare, supportando costantemente i più piccoli nell’uso delle tecnologie, aiutandoli a destreggiarsi con i vari programmi e app, perché gli studenti più giovani di certo non sono in grado di accedere ed utilizzare in modo autonomo Meet, Zoom, Classroom, YouTube e altre applicazioni specifiche per la didattica a distanza.

Non è stato semplice nemmeno per quelle che hanno dovuto gestire ed intrattenere figli piccolissimi, che abitualmente vanno al nido o alla materna, ed in contemporanea mandare avanti il proprio lavoro connesse da casa, tra un pianto improvviso, un capriccio,un pannolino da cambiare, un litigio tra fratelli, incastrando la videochiamata della maestra e una riunione in streaming con l’ufficio.

Deve essere stato pesante anche per quelle che un figlio lo aspettavano e lo hanno partorito proprio durante la quarantena, quando i contagi erano alti, le notizie incerte e la paura costante. Ci sono donne che hanno dato alla luce una nuova vita e poco dopo sono state intubate perché positive al Covid-19 e neomamme costrette a non uscire all’aperto per una breve passeggiata col neonato proprio nel periodo del puerperio, quando il rischio della depressione post-partum è alto e l’aria aperta potrebbe fare miracoli.

Alcune di loro temono di non poter riprendere il lavoro o di perderlo perché non sanno a chi lasciare i bambini, dato che i mariti lavorano, le scuole sono chiuse e pure d’estate non si sa se sarà possibile attivare attività ricreative. Molte non hanno i nonni su cui poter fare affidamento oppure non se la sentono di mettere gli anziani della loro famiglia in pericolo. Le famiglie a volte non guadagnano abbastanza per permettersi una babysitter a tempo pieno.

In questa situazione le donne rischiano di pagare un prezzo altissimo visto che sono la forza lavoro da sempre più facilmente e subdolamente licenziabile, sacrificabile, meno pagata. Il rischio è che molte non abbiano altra soluzione che smettere di lavorare per non lasciare soli i figli a casa. Non tutte, per fortuna, devono sostenere il peso della famiglia da sole, perché ci sono molti padri e compagni di vita responsabili, ma in Italia sono ancora troppe quelle costrette a scegliere tra figli e lavoro, in perenne difficoltà con la gestione domestica, non supportate abbastanza da mariti o compagni egoisti, impacciati, comodi, che fingono di non vedere o di non essere in grado, che scappano davanti alle loro responsabilità, cresciuti da madri che non li hanno responsabilizzati, che pensano che i figli vadano cambiati, vestiti, nutriti e addormentati solo dal genitore di sesso femminile.

Un pensiero va anche a tutte quelle madri che lavorano in ambito sanitario e sono medici, infermiere, ostetriche, operatrici sanitarie in ospedali e case di cura. Molte di loro hanno convissuto con la preoccupazioni di poter tornare a casa dal lavoro e contagiare la famiglia senza saperlo, hanno affrontato turni massacranti nel momento di massimo contagio e hanno vissuto coi sensi di colpa per aver trascurato figli e mariti. E’ il loro lavoro, certo, ma lo stress è stato alto.

Infine, un pensiero va a quelle madri anziane, che hanno trascorso il lockdown sole, in appartamenti che si sono rivelati prigioni, con figli e nipoti lontani chilometri e raggiungibili solo telefonicamente per via delle regole imposte dalla quarantena. Hanno patito tantissimo la solitudine, come tanto hanno sofferto i loro figli, a saperle lontane, a non poterle fisicamente abbracciare e aiutare nelle piccole incombenze quotidiane. Hanno sopportato pene infinite soprattutto le mamme ricoverate in ospedale o nelle case di riposo, dove da inizio marzo è stato impossibile, per ragioni di sicurezza, consentire le visite dei parenti e, in caso di contagio, anche di sentirsi per telefono o attraverso videochiamata. Ci sono famiglie che hanno ricevuto informazioni sulle loro mamme anziane solo dai medici, dagli infermieri, dagli operatori sanitari e dagli assistenti sociali.

E ci sono madri che hanno trascorso le loro ultime ore nelle terapie intensive, senza poter tenere per mano i loro mariti, i figli e i nipoti per un ultimo saluto. A tutti i figli che hanno perso le loro madri in queste terribili circostanze, ai mariti che hanno perso le mogli e mamme dei loro figli va il mio pensiero.

Forse, presi dai nostri personali egoismi e dalla frenesia quotidiana, tendiamo troppo spesso a dare per scontato chi c’è da sempre, anche le mamme. Questo terribile virus, in un modo più o meno spietato, lo ha reso evidente a tutti. Siamo grati allora alle nostre mamme, che ce la mettono tutta, senza risparmiarsi, per dare amore, supporto, sostegno ai figli, ogni giorno.

Nata a Verona nel 1977, si è diplomata al liceo classico e ha conseguito la laurea in Lettere presso l'Università di Verona. Sposata, con due figli, insegna Lettere presso il Liceo Medi di Villafranca. Lettrice appassionata, coordina il Gruppo Lettura della Biblioteca di Sona.