Uno dei fattori che sta emergendo in maniera forte anche a Sona dopo questo primo periodo di limitazione agli spostamenti per contenere il diffondersi del coronavirus, con il conseguente obbligo per le famiglie di restarsene chiusi assieme in casa, è il sorgere di problemi legati alla convivenza forzata.
Situazioni prevedibili, anche perché spesso gli spazi dove siamo costretti a vivere assieme sono piccoli, le esigenze tante e il fattore stress dovuto alla paura del contagio incombe su tutto. Ma che comunque costituiscono oggi un problema di destabilizzazione per adulti e bambini.
Per tentare di capire questo fenomeno, e per dare anche qualche consiglio utile per affrontare questo periodo di convivenza domiciliare obbligata, abbiamo interpellato la Dottoressa Paola Spera, Psicologa e Psicoterapeuta, che da sempre collabora con il Baco.
Dottoressa Spera, i primi giorni di convivenza forzata per i nostri concittadini stanno già facendo emergere i primi problemi di convivenza. Da dove nasce questa difficoltà a stare assieme, pur tra persone della stessa famiglia?
Il fatto di far parte della stessa famiglia non rende le cose più semplici, anzi! Pensiamo alle nostre settimane prima di questa emergenza. Quanti di noi, soprattutto chi ha bambini piccoli, arrivavano al lavoro il lunedì mattina pensando “grazie al cielo è lunedì e posso tornare a lavorare!”? Facciamo fatica a stare insieme due giorni durante il fine settimana, figuriamoci settimane intere. Anche perché ognuno di noi, singolarmente, vive le proprie difficoltà: la limitazione della libertà, l’ansia legata alla possibilità di poter contrarre il virus o che lo possano contrarre i propri familiari magari più deboli, le preoccupazioni per il lavoro, giusto per citarne un paio. Se mettiamo insieme le difficoltà di tutti è chiaro che non riusciamo a “goderci i momenti in famiglia” come tutti ci stanno dicendo di fare.
Giovani e anziani, genitori e figli: è anche un problema di incapacità di generazioni differenti di parlarsi?
Non saprei dire se ne siamo capaci o meno, perché il punto è che lo facciamo così poco che dovremmo imparare a farlo, cosa che, soprattutto in un momento come questo, è davvero difficile. Magari, visto che ci tocca, potremmo provare!
Sono differenti i tipi di stress da convivenza forzata per i bambini, per gli adolescenti, per gli adulti e per gli anziani oppure tutti viviamo le stesse situazioni?
Diciamo che le situazioni sono più o meno le stesse per tutti, ma che ognuno le declina in maniera personale. Faccio un esempio: la limitazione della libertà personale, il dover stare in casa, può essere frustrante per me perché non posso andare a fare shopping, per il mio compagno perché non può andare a giocare a tennis, per l’adolescente che non può vedere gli amici o andare a ballare, per il bambino perché non può andare al parco giochi e per la nonna che non può andare a trovare i nipotini. Senza contare che gestire studio e lavoro in modalità “smart” non è così semplice soprattutto se non ci si è abituati, e pochi di noi lo sono. Quindi per motivi diversi ma ognuno di noi è stressato, e riversa il suo stress sulla famiglia, alimentando un circolo vizioso.
Quali consigli si sente di dare per affrontare questa situazione?
Cerchiamo di trovare degli spazi, anche piccoli, in cui stare da soli e occuparci di noi stessi e del nostro benessere fisico e mentale. Probabilmente non ci possiamo permettere mezza giornata, ma mezz’ora sicuramente sì. Soprattutto se sentiamo che lo stress aumenta e stiamo facendo fatica a gestirlo. Possiamo fare proprio come i bambini quando dicono “io non gioco più”, una sorta di time-out: ci fermiamo e ci allontaniamo… Anche se questo significa chiudersi in bagno perché è l’unica stanza libera della casa! E cerchiamo di usare questo tempo per qualcosa che ci faccia stare bene, non per guardare Facebook né tantomeno per rimuginare su quanto sia ingiusto che ci tocchi stare a casa proprio noi con tutto quello che abbiamo da fare e il vicino invece lo abbiamo visto ieri che è stato fuori mezz’ora col cane.
Per finire, cosa fare e cosa assolutamente non fare in una situazione di convivenza così stretta e prolungata?
No agli estremi quindi assolutamente no agli urli e no ai silenzi e ai musi lunghi. Sì alla comunicazione. Supponiamo che il mio compagno sia abituato a lasciare per terra i vestiti che si toglie la sera, e che io mi occupi sempre di appenderglieli anche se questo mi dà fastidio. Questo genere di cose sono proprio quelle su cui dobbiamo comunicare: perché questa cosa può avere un impatto minimo sulla mia giornata in un momento di vita “normale”, ma ha un impatto molto molto maggiore in un momento particolare come questo. Quindi no agli urli: “sei sempre il solito str***o che non pensa mai agli altri” non aiuta, anzi. Ma anche no ai silenzi perché fare finta che non sia un problema o, peggio ancora, non dire niente e tenere il broncio non solo non risolve il problema, ma anzi lo amplifica. Dovremo stare in casa ancora per un po’, cerchiamo di starci nel miglior modo possibile.