Come ho salvato un cucciolo di riccio e l’importanza di rispettare tutte le creature viventi

25 giugno scorso. E’ giovedì sera, sto rientrando dal lavoro, l’orologio segna le 20.15. La classica sera d’estate, c’è ancora caldo e molta luce, il tramonto dovrà aspettare ancora un’oretta prima di colorare il cielo di rosso.

Sto percorrendo in macchina via Lugagnano quando vedo muoversi qualcosa sul ciglio della strada, sembra un topolino, rallento e mi accorgo che si tratta di un riccio.

È insolito vedere dei ricci quando c’è ancora luce, sono animali notturni, escono a cercare cibo solo quando fa buio; accosto la macchina e scendo per spostarlo dalla strada. È molto piccolo e sta girando intorno ad un riccio schiacciato. Penso sia la sua mamma, non posso lasciarlo lì verrebbe investito di sicuro così decido di portarlo a casa.

Nel giardino sotto a un tavolo metto dei pezzi di cartone con una copertina, un po’ di crocchette del gatto, dell’acqua fresca e un pezzo di mela. È molto affamato. Durante la notte esplode un forte temporale, un acquazzone che rinfrescherà l’aria per qualche ora, ma che mi lascia in pensiero per il piccolino là fuori.

Il mattino seguente vado a vedere come sta; è bagnato fradicio e si muove a fatica. Lo lascio un po’ al sole fino a quando non riprende a camminare normalmente. I ricci soffrono il freddo e possono morire se non vengono scaldati al più presto.

Vado al lavoro, ma il pensiero è sempre rivolto al riccio, continuo a pensare a come sta e a cosa fare; ne parlo con Elisa, un’amica che mi consiglia di chiamare un CRAS, acronimo di Centro Recupero Animali Selvatici. Il riccio è una specie protetta, se in pericolo vanno aiutati e questi centri sono nati appositamente.

Chiamo la Clinica Veterinaria Verona Lago a Lazise aperta 24 ore al giorno. La clinica è la struttura più vicina a Lugagnano e dispone anche di un centro CRAS. Parlo con una volontaria del centro le racconto del ritrovamento e di come ho gestito la situazione. E’ molto gentile, dice che ho agito correttamente togliendolo dalla strada e quello che ho fatto dopo andava bene, mi chiede di portarlo in clinica per una visita accurata e visto l’interessamento che ho avuto mi propone di diventare la balia di questo riccetto.

Inizia così questa avventura. Il centro trattiene il riccio qualche giorno prima di riconsegnarmelo, lo devono idratare spulciare e assicurarsi che stia bene. Mi chiedono di acquistare un latte in polvere specifico, il nome è “Esbilac” perché il latte vaccino per i ricci è letale, anche quello di capra non va bene. Quando me lo riportano pesa 85 grammi. Carlotta, una volontaria del centro, mi fa compilare dei moduli e mi spiega tempi e dosi dei pasti, mi lascia delle bustine di fermenti che devono essere sciolte e somministrate con una siringa priva di ago e le raccomandazioni di tenerlo in casa al sicuro e al caldo controllando regolarmente il peso. Per l’occasione acquisto anche una bilancia da cucina digitale.

Il riccio è in una scatola bella grande che prima conteneva un condizionatore, decido di metterlo all’interno della vasca da bagno così che le mie gatte non possano disturbarlo. Tutti i giorni per almeno un paio di volte preparo il latte in polvere, le solite crocchette del gatto che non devono essere di pesce e un pezzetto di mela. Gli somministro i fermenti lattici, tengo pulita la scatola, metto un asciugamano che serve come tana per dormire e ripararsi dalla luce.

Dopo una settimana, la clinica mi chiede di portare il riccio e un campione delle feci per una visita di controllo. La visita va bene, il riccio pesa 105 grammi. Mi dicono che per liberarlo deve raggiungere un peso sufficiente di almeno 300 grammi, solo così riuscirà a prepararsi per il letargo invernale. Carlotta mi contatta ogni 2-3 giorni per avere notizie del riccio e io le mando foto di lui sulla bilancia per farle vedere quanto peso prende ad ogni pesata. Dopo dieci giorni pesa già 224 grammi. È il momento di integrare la sua dieta con qualcosa di più proteico, mi dice di prendere nei negozi di caccia e pesca delle tarme della farina o dei lombrichi da terra, non bigattini.

Una settimana dopo raggiunge il peso di grammi 334. A questo punto è pronto per essere liberato, deve imparare a cacciare da solo. Carlotta mi dice di lasciarlo fuori in giardino con una casetta adibita, di lasciargli sempre qualcosa da mangiare e dell’acqua fresca per fargli trovare sempre cibo e da dissertarsi.

Il mio fidanzato costruisce una casetta in legno con una piccola apertura adatta all’entrata del riccio non troppo grande altrimenti entrerebbero anche i gatti. Il soffitto della casetta è attaccato con delle cerniere laterali e una maniglia che mi permettono di aprirla dall’alto. Abbiamo messo della paglia e dei contenitori per cibo e acqua. Mi chiede di documentare con un video la liberazione per accertare che sia nel suo habitat naturale. Il 19 luglio è il giorno perfetto, non ci sono temporali in arrivo, il riccio è libero.

Ancora oggi lascio delle crocchette e dell’acqua, alle volte aggiungo qualche pinolo, i ricci ne sono ghiotti e ogni notte torna per mangiare tutto quanto. Mi è capitato di vederlo uscire dalla casetta e aggirarsi nei paraggi. Una sera mentre stavo per mettergli da mangiare, aprendo il tetto me lo sono trovato dentro in attesa. Da quando l’ho liberato è cresciuto un sacco. Durante l’inverno se ne andrà in letargo e se non cambierà zona, visto la loro fama di camminatori, lo rivedrò la prossima primavera.

I ricci sono stati inseriti nella lista degli animali a rischio di estinzione, le cause sono la perdita e il frazionamento del loro habitat, la cementificazione selvaggia e il calo di insetti causato dai veleni sparsi dall’uomo.

Possiamo aiutarli con questo decalogo salvavita:

  1. Se trovate un riccio ferito o in difficoltà, raccoglietelo con dei guanti o una coperta, mettetelo in una scatola e portatelo ad un centro CRAS o al servizio veterinario della ASL.
  2. Fermatevi a soccorrerli sulle strade, se rimangono aperti oppure se si appallottolano e una zampa sporge fuori sono feriti. Se si chiudono completamente e sono reattivi, spostateli in una vicina area verde non oltre i 200 metri, potrebbe essere una femmina con dei cuccioli che l’aspettano nel nido.
  3. Tenete d’occhio i cuccioli in autunno. Se da ottobre in poi trovate un riccio del peso inferiore i 500 grammi va recuperato, gli sarà difficile andare in letargo e superare l’inverno.
  4. Verificate se ha dei parassiti, se vedete delle mosche che gli ronzano intorno, barcolla, fatica a camminare portatelo in un centro di recupero.
  5. Allarmatevi se lo vedete in pieno giorno, è un animale crepuscolare-notturno, è attivo di sera e di notte. Se cammina o è fermo in pieno giorno non sta bene. Soccorretelo.
  6. Mettete i cuccioli al caldo, se trovate dei cuccioli abbandonati, scaldateli e idratateli. Metteteli In una scatola con una coperta di pile o un asciugamano e una boule di acqua calda, poi contattate un centro.
  7. Usate i decespugliatori con giudizio, iniziate a tagliare l’erba e i cespugli a circa 30 centimetri dai bordi.
  8. Coprite i buchi, fate attenzione a pozzetti e buchi o reti a maglie fine sono un pericolo per i ricci. Copriteli, un sasso può andar bene.
  9. Lasciate a disposizione un angolo con foglie e rami, per loro può essere un ottimo rifugio, occhio ai cani, spesso per gioco possono ferirli o mangiarli.
  10. Coprite le piscine con un telo, oppure appoggiate sul bordo un’asse di legno con dei pioli, se un riccio dovesse cadere in acqua, gli sarà più facile uscire.

Le cose da non fare invece sono:

  1. Non toccare mai un nido, se incappate in un nido, lasciatelo dov’è e non toccatelo. Il rischio è di far scappare la mamma e mettere a repentaglio la vita dei piccoli.
  2. Mai dare latte vaccino a un riccio, potrebbe essere mortale. Nemmeno pane e mandorle.
  3. Non spostate mai un riccio da dove vive, sono animali territoriali, se spostati rimarrebbero disorientati e si troverebbero in difficoltà. Nei posti in cui vivono, sanno dove trovare cibo e rifugio.
  4. Attenzione ai cani liberi la notte, non di rado attaccano i ricci e a volte un morso è poco visibile tra gli aculei, causando anche gravi infezioni fatali.
  5. Non bruciate cumuli di foglie e rami senza prima controllare, sotto potrebbe esserci una famiglia di ricci. Abbiate prima l’accortezza di spostare i cumuli con un rastrello.
  6. Non usate i lumachicidi, i ricci mangiano le lumache e muoiono a loro volta intossicati.
  7. Non abbandonate plastica e lattine in giro, sono trappole mortali.
  8. Non trattate il riccio come un animale da compagnia, sono animali selvatici tutelati e protetti dalla legge, lasciate che viva libero.

Queste nozioni le ho trovate nei due libri prestatemi da Elisa: “25 grammi di felicità” e “Cuore di riccio”. Scritti da Massimo Vacchetta, un veterinario che ha esercitato la professione per oltre vent’anni. Nel 2014 ha aperto il Centro Recupero Ricci “La Ninna”. È presidente dell’Associazione “La casa dei ricci” che ha come scopo di tutelare il riccio e la natura.

Grazie a questi libri ho potuto muovermi con sicurezza, ho imparato a gestire il riccio trovatello evitando di incappare in errori che per mancanza di conoscenza avrei potuto fare. Spero che questa mia esperienza possa aiutare chi come me ha un occhio di riguardo per gli animali, anche quelli selvatici che possono non piacere a tutti, ma che servono all’ambiente circostante.

“L’amore disinteressato verso tutte le creature viventi è l’attributo più nobile di un uomo”, Charles Darwin.

Nata nel 1975 residente da sempre a Lugagnano, ultima figlia di una famiglia “rumorosa” composta da 5 fratelli, forse per questo mi trovo a mio agio dove c’è compagnia e allegria. Assistente e segretaria in uno studio odontoiatrico da oltre 25 anni. Amo tutti gli animali e detesto chi li maltratta. Adoro leggere, ascoltare musica e andare ai concerti. Sono dinamica e mi piace provare ogni genere di sport, dal paracadutismo allo yoga che pratico da anni. Ho un debole per le persone che si mettono in discussione.