Vogliamo celebrare in questo articolo il percorso lavorativo, giunto da poche settimane al suo termine, del dottor Ivo Pierobon, molto conosciuto nel Comune di Sona in quanto medico di base che da circa trent’anni operava sul nostro territorio.
Lo scorso 28 febbraio, in concomitanza con il raggiungimento della pensione, è stato anche il fatidico giorno in cui Pierobon ha abbandonato il camice bianco.
Incontro il dottor Pierobon a Sona, in una mattina in cui l’aria è fresca e il sole, timido, splende in mezzo ad un cielo incredibilmente azzurro. Non conoscevo il Dottore, e la prima impressione è stata quella di un uomo professionale e austero. Il completo classico, con camicia e cravatta, fa da quadro all’idea che mi sono creata di lui, che pian piano cambia e lascia spazio ad una diversa interpretazione, quella di un uomo semplice, genuino, sensibile e soprattutto molto disponibile.
La nostra è stata non tanto una classica intervista, quanto una conversazione a ruota libera su quello che per lui è il significato di essere medico e sulla consapevolezza che ha acquisito durante gli anni. Diciamo che “abbiamo tirato le somme” di questi lunghi anni di carriera.
Cominciamo con il raccontare che il dottor Ivo Pierobon è originario di Cittadella, in provincia di Padova, dove è cresciuto ed ha svolto i propri studi. Ha cominciato ad esercitare la professione di medico nel trevigiano, dove ottenne anche la sua prima convenzione; per amore poi si trasferì a Verona, dove tuttora vive con la moglie.
Inizia quindi nella città scaligera nel 1980 un percorso molto particolare, quello di Guardia Medica nelle carceri che allora si trovavano all’interno delle Caserme Erariali del Campone, costruite al tempo dell’occupazione austriaca e utilizzate come carcere fino agli anni Novanta.
Mi racconta di questo periodo come un momento molto intenso della sua carriera. Era effettivamente agli inizi della sua professione, con ancora poca esperienza sul campo e poca consapevolezza delle problematiche in cui si sarebbe imbattuto. Tutto questo associato ad un contesto in cui i pazienti non erano certo persone facili da approcciare e, soprattutto, con cui poter dialogare e confrontarsi.
In merito a tale esperienza mi racconta un aneddoto: “Mi ricordo di essere stato chiamato una notte per andare a controllare e stabilizzare un carcerato che, recatosi in infermeria, aveva ben pensato di sfasciarla, distruggendo tutto ciò che era al suo interno. Ricordo di essere arrivato alle carceri e di essere stato scortato dalle guardie fino all’infermeria, luogo in cui era stato isolato questo personaggio aggressivo. Ero sicuramente agitato, preoccupato per la situazione che mi si sarebbe presentata davanti agli occhi, ma ero anche spaventato e temevo sinceramente per la mia incolumità. Mi sono fatto coraggio e sono entrato. Era un uomo enorme, mi avrebbe sicuramente conciato per le feste se non gli fossi stato simpatico. Invece piano piano mi sono avvicinato a lui e gli ho chiesto se potevo misurargli la pressione. Lui fu inaspettatamente molto collaborante e così gliela provai. Istintivamente gli dissi che era altissima e bisognava abbassarla subito per evitare conseguenze importanti al cuore e al cervello; ovviamente non era vero, ma con questo diversivo riuscii ad ottenere il consenso per un’iniezione che conteneva non un antipertensivo, bensì un calmante. Dopo quello il carcerato si tranquillizzò e le guardie poterono riaccompagnarlo serenamente alla sua cella. È stata una lezione importante per me, ho imparato a mantenere sangue freddo e a pensare al bene del paziente, in qualsiasi contesto esso si trovi”.
Il dottor Pierobon per ben due anni si è occupato di questo tipo di assistenza, fino a quando nel 1982 ricevette la proposta da parte dell’amico e collega dottor Pressi – storico medico di base del nostro Comune – di sostituire il medico condotto di allora, dottor Botton, pronto anch’egli per la pensione, nel suo ambulatorio a Sona, ereditando così tutti i pazienti e le famiglie che fino ad allora erano state seguite da Botton.
L’impegno di medico di base è ben maggiore di quello che si possa credere, infatti non è solo uno stilare ricette per i medicinali da acquistare in farmacia o prescrivere esami su richiesta dei pazienti, è molto, ma molto di più. Un medico di famiglia, come dice il nome stesso, si deve occupare non solo del malato, ma anche dei suoi familiari.
Penso soprattutto alle situazioni più gravi come ad esempio chi vive con malati terminali o chi riceve la diagnosi di tumore o ancora a chi deve prendersi cura di persone disabili, con decadimento cognitivo o malattie mentali. I casi sono infiniti e non è solo la persona colpita dal male che soffre, ma anche chi vive con la persona stessa e tutti dovrebbero meritare lo stesso sostegno e supporto.
È per questa serie di motivi che dopo un anno e mezzo come medico di famiglia, il dottor Pierobon ha avvertito la forte necessità di doversi formare su quello che sono i rapporti interpersonali con i suoi pazienti. Decise perciò di iscriversi al gruppo di formazione Balint, dal nome dello studioso che per primo trovò necessario formarsi psicologicamente per poter aiutare a trecentosessanta gradi la persona che chiede aiuto al proprio medico.
Questa esperienza rimase molto radicata in Pierobon tanto che negli anni ha ottenuto anche la qualifica di psicoterapeuta. “Da qui si potrebbero raccontare – prosegue Pierobon – migliaia di casi che durante agli ho avuto modo di seguire e risolvere nel Comune di Sona. Gli aneddoti sono migliaia, sicuramente quelli che conservo con maggior gelosia sono da una parte le soddisfazioni nel riuscire ad aiutare concretamente i miei pazienti grazie ad intuizioni e diagnosi corrette, dall’altra non posso non citare anche momenti difficili trascorsi a dover supportare malati terminali o comunque con prognosi infauste. Di questi momenti non si riesce mai a liberarsi, rimangono immutati nella memoria e così anche la sofferenza dei malati e delle loro famiglie. Queste emozioni che sicuramente non sono facili da elaborare, sono anche il motivo che mi hanno spinto ad essere sempre presente e disponibile con i miei pazienti, non li ho mai voluti abbandonare. Pensare di dover andare in pensione e doverli ‘lasciare’ a qualcun altro non po’ mi spaventava e nella mia testa ho cercato subito di trovare un modo dignitoso per poter raccontare di ognuno di loro a chi mi ha sostituito. E, detta francamente, era un’impresa quasi impossibile, ma ho fatto del mio meglio”.
Gli occhi del dottor Pierobon parlano da soli e rivelano senza dubbio una forte commozione per questo importante passaggio che ha da poco vissuto. Una vita intera dedicata ad esercitare come medico, a soffrire e gioire insieme alle persone che a lui si sono affidate; una vita piena di responsabilità a cui Pierobon non si è mai sottratto; un medico e un uomo da cui prendere esempio per chi volesse fare questo lavoro, questa missione in cui bisogna credere e amare fortemente per essere considerati bravi.
Pierobon è un uomo ora felice, soddisfatto per la vita che è riuscito a crearsi e per i risultati ottenuti, ora potrà godersi la meritata pensione insieme alla moglie, ai figli e ai nipotini tanto amati.