Arriva a sentenza il processo contro Gianni Savoia, titolare dell’enorme impianto di smaltimento posizionato proprio alle spalle della Grande Mela (nella foto).
Il problema della Sun Oil era tornato in evidenza qualche mese fa, quando il Sindaco di Sona aveva scritto a Governo, Regione e Provincia per chiedere aiuto anche economico nella gestione di questa urgenza ambientale.
In quei bidoni – sotto sequestro addirittura dal 2006 per gestione non autorizzata di rifiuti – rimangono infatti ancora ben 28 mila metri cubi di rifiuti potenzialmente pericolosi, quasi completamente allo stato liquido. E per la sola custodia (dal 2007 custode giudiziario è stato nominato il Sindaco) il Comune di Sona, e quindi i cittadini di Lugagnano, Palazzolo, San Giorgio e Sona, paga ogni anno più di 65mila euro.
Negli anni molti sono stati i tentativi di risolvere la questione. Tra gli altri si ricorda la trattativa per cedere l’area all’Università di Verona, che avrebbe potuto costruire un campus dopo aver bonificato il sito. O l’idea, nata durante l’Amministrazione del Sindaco Tomelleri, di creare su quel sito addirittura un nuovo polo ospedaliero. Tutti tentativi purtroppo falliti, soprattutto per le spese di bonifica e ripristino che appaiono proibitive. Un dissequestro parziale del sito si era avuto nel 2008, nonostante il parere contrario del Sindaco Gualtiero Mazzi.
Ed ora la sentenza arrivata ieri, con la quale Savoia è stato condannato a cinque anni e mezzo di reclusione dal giudice Guidorizzi.
Il processo era inerente comportamenti compiuti fino all’aprile del 2006, quando i Vigili di Sona – come si diceva sopra – chiusero l’impianto contestando la gestione non autorizzata di rifiuti. C’è da dire che già dal 2005 la Regione aveva revocato la concessione all’azienda rilasciata nel 1999 vietando lo smaltimento di rifiuti liquidi.
Savoia, come risulta dal processo, pose in essere una truffa ai danni del titolare di un’azienda che doveva smaltire “speciali oleosi”, “acque oleose” e “fanghi di lavorazione contenenti sostanze pericolose”. Savoia non comunicò che l’abilitazione a trattarli e ritirarli gli era stata revocata nell’agosto 2005. Dal processo è risultato anche che nell’impianto dietro la Grande Mela almeno fino all’aprile 2006 venivano miscelati e gestiti “ingenti quantitativi di rifiuti anche pericolosi”.