Il Vaticano dice sì a matrimoni, battesimi e funerali celebrati da laici. Una nuova svolta per la Chiesa, redatta in un documento pubblicato il 20 luglio scorso. Ma se da molti questa viene percepita come una novità, a livello ecclesiale non contiene nessuna particolare riforma.
L’Istruzione, infatti, parla di “Conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa”. Il significato di questa espressione ce lo ha spiegato in modo chiaro Padre Giampaolo Mortaro, Parroco di San Giorgio in Salici.
In cosa consiste questa riforma che coinvolge tutta la comunità Cristiana?
Questo documento, innanzitutto, ricorda il bisogno di passare da una chiesa ritualistica ad una chiesa missionaria, cioè che si muove per il mondo per portare la parola del Signore. Dentro ci sono tutte le indicazioni rivolte ai Vescovi per poter affidare alcuni compiti ai diaconi, alle persone consacrate e anche ai fedeli laici, sempre sotto la guida del parroco.
È davvero un nuovo punto di svolta per l’Italia per una modernizzazione della Chiesa?
Più che “modernizzazione”, questa Istruzione è il segno di una “de-clericalizzazione”. Questa riforma non deve essere spinta dalla necessità di sopperire alla mancanza di sacerdoti ma dalla visione condivisa del Concilio Vaticano II che la Chiesa è formata da presbiteri e laici al servizio della Comunità Cristiana. Da oggi, tutti siamo responsabili di fronte a Dio, verso il quale non c’è una gerarchia di vicinanza ma solo una differenziazione nell’amministrazione dei servizi all’interno di una comunità.
L’argomento riguarda battesimi, matrimoni e funerali. Cosa cambia rispetto a prima?
Si è sempre insegnato, anche a catechismo, che il battesimo può essere conferito da qualsiasi persona in caso di necessità. Era molto comune soprattutto una volta, quando c’era molta più mortalità infantile e i bambini venivano battezzati in articulo mortis. Per quanto riguarda il matrimonio invece, ciò che fa il Sacramento non è il prete, nonostante funga da funzionario civile, bensì gli sposi e il loro giuramento d’amore: ecco perché anche ai laici è aperta la possibilità di celebrare le nozze. E vale anche per i funerali. Sotto tutti questi aspetti, quindi, non c’è nulla di nuovo in ciò che dice la Dottrina, ma si tratta solo di un atto che da oggi è istituzionalizzato: il Vescovo può ufficialmente affidare questo compito anche a chi non è un ministro del culto.
E per quanto riguarda l’eucarestia?
L’eucarestia invece deve essere sempre presieduta da un prete ordinato. In mancanza di questo, il catechista fa la Liturgia della Parola, cioè le letture, l’omelia e la professione di fede senza l’offertorio e la consacrazione: se ha il permesso, il laico può distribuire le ostie, che però non sono state consacrate da lui. Qui sta la differenza. La messa può essere presieduta solo dal prete o dal diacono. Ma la Liturgia della Parola è la forma più comune per diffondere la parola del Signore da un laico, quando non si hanno a disposizione i ministri del culto.
Secondo lei, è una soluzione adeguata alle esigenze della Chiesa di oggi?
L’aspetto fondamentale è capire che è importante la tradizione tanto quanto il bisogno di scardinare il conservatorismo in cui spesso la Chiesa è imbrigliata, soprattutto nel nostro paese. Nella sua storia infatti, questa ha cambiato mille volte modi e forme, e le sue strutture sono al servizio della comunità per agire in determinate situazioni. Ciò che il documento in questione ci ricorda è invece una questione fondamentale, ossia che tutti i fedeli non devono mai tradire il Vangelo.
Nell’immagine particolare da Il Battesimo di Gesù di Giotto, 1305, Cappella degli Scrovegni (Padova).