L’AVIS di Lugagnano “Sez. Massimo Boscaini”, benemerita Associazione della frazione del Comune di Sona, celebra domenica 14 ottobre la sua annuale Festa del Donatore con una messa ed il pranzo sociale. Una ricorrenza importante per donatori e non, un momento di vita sociale sana.
Un invito al pranzo, lasciato nella cassetta della posta, ti fa ricordare primo di tutto di essere un donatore e poi di quanto sia importante essere parte di questo evento. Poi leggi il volantino e scopri che tra le benemerenze c’è anche il tuo nome… cento donazioni!
Un brivido di soddisfazione ti scorre lungo la schiena, è innegabile. Accompagnato poi dal piacere di leggere altri cinque nomi di persone che conosci e che assieme a te riceveranno questo riconoscimento. Sono parte della tua comunità. Nasce quindi l’idea di provare a raccogliere queste testimonianze e cercare di tirarne fuori uno stimolo collettivo sull’importanza della donazione del sangue.
Tra queste persone c’è anche chi le cento donazioni le ha già superate ed ha raggiunto il limite di età anagrafica (65 anni) oltre il quale non è più possibile donare. In questo momento di racconto di impegno civico ci stanno sicuramente anche loro.
Il Presidente Fiorenzo Danieli ci apre le porte della sede AVIS sopra l’ufficio dell’anagrafe a Lugagnano e si aggrega alla nostra chiacchierata (nella foto).
Gabriele Mazzi, classe ’54. Per raggiunti limiti di età ha concluso la sia carriera di donatore. “Ho iniziato a donare a 20 anni, quindi nel ’74 – ci dice Gabriele -. A quei tempi il sangue si donava a Lugagnano. Il prelievo veniva fatto presso l’asilo parrocchiale. La cosa molto bella che ricordo è che i vecchi donatori si mettevano fuori dalla chiesa dopo la messa a reclutare i giovani donatori, a convincerli a donare il sangue. Devo dire che da loro ci sentivamo letteralmente ‘accolti’ e questa è stata la scintilla che mi ha spinto a provare. Se non ricordo male mi sembrava che addirittura una macchina con megafono girasse la domenica nelle vie del paese per pubblicizzare la raccolta del sangue. Poi il passaggio a Centro Trasfusionale di Bussolengo mi ha fatto desistere, ma solo per pigrizia. Qualche anno dopo in vacanza al mare mi sono trovato davanti un furgone dell’AVIS che faceva promozione del dono. Questa è stata la spinta a riprendere e poi non ho più smesso fino al ritiro per limiti di età”.
Fausto Cottini, classe ’59. Donatore attivo. Fausto ha un ricordo molto particolare e forte. “Nel 1980 – ci racconta – ero militare a Pisa nei paracadutisti. Il 2 agosto di quell’anno è accaduto il tremendo fatto di cronaca dell’attentato alla Stazione di Bologna. Oltre ai tanti deceduti ci sono stati anche tantissimi feriti. Il Comando della Caserma chiese ai paracadutisti di dare un segnale di solidarietà e donare il sangue. Ed è quello che feci. Avevo 20 anni e obbiettivamente – racconta in maniera molto sincera Fausto – ero in un corpo militare dove si faceva molta attività fisica che richiedeva anche un po’ di riposo ogni tanto. Donare il sangue voleva dire avere un giorno di riposo almeno. Poi però siamo stati in visita all’ospedale dove erano ricoverati i feriti ed abbiamo visto e vissuto situazioni da accapponare la pelle. E’ stato lì che lo scopo dei due giorni di riposo si è trasformato ed è diventata una presa di coscienza della necessità di essere portatori di vita con il dono del proprio sangue. La maggior parte di noi avrebbe voluto donare dopo una settimana, inconsapevoli del fatto che non era possibile a causa del necessario riposo temporale tra una donazione e l’altra. Ricordando le scene viste finita la naja ho proseguito nella donazione, arrivando fino ai giorni nostri”.
Aldo Caleffi, classe ’62. Donatore attivo. “Al raggiungimento della maggiore età quindi nel 1980 – ci racconta Aldo – assieme altri amici in maniera spontanea ci siamo recati al Centro Trasfusionale di Bussolengo. Tranne il periodo della naja non ho mai smesso. Fondamentale è stato l’aspetto della donazione fatta assieme agli amici della mia compagnia”.
Luca “Pode” Tomelleri, classe ’61. Donatore attivo. “Ho iniziato nel 1990 all’età di 29 anni – racconta Luca -. Nelle mia compagnia c’erano altri donatori che mi hanno convinto a provare. Ricordo che era gennaio, il mese dei buoni propositi – scherza Luca -, ed io ho dato seguito al mio buon proposito”. Fondamentale quindi anche qui l’esempio diretto dato dagli amici della compagnia.
Silvio Spada, classe ’59. Donatore attivo. “Correva l’anno 1982. Assieme a Gianni Cacciatori e Massimo Gasparato, altri fedeli donatori, siamo andati al Centro Trasfusionale. Dopo la donazione avremo mangiato almeno venti panini – ci racconta Silvio facendo esplodere tutti in una sonora risata -. La cosa più bella era che era una ‘donazione di gruppo’. Stabilivano una data e tutti assieme andavamo a rinnovare questo rito collettivo. Poi nel tempo abbiamo coinvolto anche altri nostri amici. Sono convinto che ancora adesso sarebbe il sistema migliore per portare più donatori. L’aspetto dell’esperienza di gruppo nel mio caso ha fatto la differenza.”.
Giancarlo Tomelleri, classe ’67. Donatore attivo. “Ho cominciato nel 1989. Non c’è un motivo particolare di questo mio interesse per la donazione se non per un fatto di tradizione. Mio padre era donatore e quindi il suo esempio mi ha spinto ad esserlo a mia volta. Un impegno costante vissuto con continuità e trasporto. Un vero e proprio pilastro della mia vita. Non ho mai preso in considerazione il riposo dal lavoro previsto, quasi sempre vado a donare il sangue la mattina presto e poi mi reco al lavoro. La giornata ha un gusto diverso”.
Beniamino Corradini, classe ’51. Il più “saggio” tra i donatori presenti. Per raggiunti limiti di età ha concluso la sua carriera di donatore. “Come Gabriele ho cominciato anch’io più o meno all’età di 20 anni. Il mio mentore è stato mio cognato, il mitico Serafino Righetti, donatore di lunghissima data. Mi ha lavorato a lungo ai fianchi fino a convincermi ad andare”. Anche qui, come nel caso precedente di Giancarlo, una trasmissione diretta di impegno al dono che nasce dentro la famiglia, che diventa un fattore di trasmissione valoriale di primissimo ordine.
Tra i premiati per le cento donazioni anche chi firma questo articolo. Classe ’66, donatore attivo, io ho cominciato nel 1985 su invito di mio cognato ad andare con lui a donare il sangue. E’ un gesto che sin da subito mi ha gratificato umanamente e moralmente. Anche durante il periodo della naja quando tornavo a casa in licenza andavo a fare la donazione. La donazione è un ‘beneficio abitudinario’. Quando vado e quando torno da una donazione la giornata ha un sapore diverso.
Sin qui parliamo di ricordi di donatori legati a tempi per certi veri pionieristici, quando fare la donazione era veramente una scelta assolutamente spontanea: decidevi di andare, andavi al Centro Trasfusionale, magari prestissimo in modo da essere tra i primi (come dal medico di base), ti mettevi in fila e aspettavi il tuo turno. A volte anche attese lunghe.
“Ora tutto questo non è più possibile e per molti versi molto meglio così – dichiara il Presidente Danieli, e con lui concordano tutti i presenti -. E’ stato introdotto il sistema della prenotazione della donazione ed è stata una scelta epocale e molto funzionale. La prenotazione elimina le code e soprattutto permette una programmazione della raccolta da parte dei Centri Trasfusionali. Programmo la raccolta in base alle necessità previste intercettando donatori di un gruppo sanguigno piuttosto che un altro. Questo elimina eventuali sprechi e da un supporto più funzionale alle sale operatorie degli ospedali che programmano gli interventi. Chiaro – aggiunge Danieli – si perde un po’ la spontaneità e c’è la necessità della telefonata della prenotazione che può sembrare un obbligo in più. Però è decisamente meglio per tutti come è adesso. I volontari vengo allertati il giorno prima della donazione imminente via mail e via SMS”.
Altro fattore positivo è che quasi tutti i presenti sono anche donatori di Midollo Osseo. Il dono del sangue si porta dietro anche la sensibilità verso altre forme di donazione che possono salvare una vita. Varcata la soglia dell’idea del dono di se e la “eventuale paura” dell’ago, la via è intrapresa.
La discussione poi si sposta sulle prospettive future, in particolare quelle legate alle nuove generazioni.
“Si è verificata una contrazione nel numero di soci negli ultimi anni – afferma il Presidente – anche se il dato di Lugagnano è sopra la media statistica nazionale delle donazioni annue, pari a 1,6. A Lugagnano siamo a 2. Sono cambiate le condizioni sociali. I giovani d’oggi sono, più che nel passato, alle prese con problematiche legate alla stabilità economica, alle opportunità di lavoro, alla mobilità nel lavoro o nello studio, allo stile di vita che conducono e forse, in ultima analisi, anche ad un senso di comunità e di bene comune più ‘liquefatto’ rispetto a generazioni del passato. La maturità anagrafica e personale avviene più avanti rispetto alle precedenti generazioni. Ci si sposa più tardi, si diventa genitori più tardi, si acquisisce un senso di responsabilità più avanti negli anni rispetto al passato. Sono tutti fattori che incidono. Il 50% dei donatori – prosegue Danieli – lo perdiamo già dopo il primo prelievo di controllo e censimento. Dopo questa fase preliminare di quelli che rimangono ne perdiamo un altro 50% di quelli rimasti dopo la prima donazione”.
Quali i fattori scatenanti? Si possono supporre.
La paura dell’ago esiste ed è presente in molti giovani donatori. Per assurdo sono ragazzi che si fanno tatuare la pelle sopportando “dolori fisici” ben più pesanti e duraturi nel tempo. Quindi la paura dell’ago sarebbe un mito da sfatare. Altro fattore su cui tutti concordano è la incapacità a mantenere la costanza nel tempo, uno dei fattori importanti citati da Giancarlo. Far diventare il dono del sangue parte della tua vita e riconoscere ad esso l’importanza che ha, automaticamente ti fa scattare dentro una percezione diversa : non è un peso , non è un obbligo in più, è una cosa a cui presti tutta la tua attenzione e vi dedichi l’interesse che merita. La donazione del sangue non è incompatibile con il tatuaggio, altro mito da sfatare. Se ti fai un tatuaggio basta lasciar passare il periodo di stop previsto e poi puoi riprendere la donazione. Ovviamente lo stile di vita che conduci deve essere improntato sui binari della sobrietà e cura del tuo corpo. La donazione del sangue non va molto d’accordo con chi vive negli eccessi di qualsiasi tipo essi siano.
“Senza contare che almeno una volta all’anno – ricorda Fausto – il Centro Trasfusionale d’ufficio fa uno screening completo del tuo sangue. Essere donatori significa anche tenere sotto controllo il tuo stato di salute” .
Un pensiero unisce tutti: portare nuovi donatori vuol dire anche agire per osmosi. Trasmettere il valore della donazione con l’esempio personale può fare la differenza. All’interno della famiglia con i figli (l’esempio che per Giancarlo è stato il padre), poi negli ambienti di lavoro con i colleghi, all’interno delle società sportive quando si è educatori.
Alcuni numeri della sezione di Lugagnano: al 31 dicembre scorso i soci donatori erano 348. Nel 2017 685 le donazioni totali tra sangue intero e plasmaferesi. I 348 donatori sono suddivisi in 35 nella fascia di età tra i 18 e i 25 anni, 47 nella fascia di età tra i 26 e i 35 anni, 103 nella fascia dai 36 ai 45 anni, 116 nella fascia dai 46 ai 55 anni, 46 oltre i 55 anni. E’ abbastanza evidente che la fidelizzazione va di pari passo con la maturazione anagrafica. In quella compresa tra 36 e i 55 anni la presenza maggiore. Dai 18 ai 35 anni c’è da lavorare sulle motivazioni e sulla capacità di intercettare potenziali donatori. Per il presente ma anche per il futuro della donazione di sangue.
Impossibile tornare ai tempi di Gabriele con la donazione all’asilo o a quelli di Silvio, Luca e Aldo con la donazione fatta in compagnia o a quelli di Fausto ai tempi della naja. Sono momenti storici che non torneranno più ma fanno riflettere: forse bisogna fare un passo indietro nella concezione delle relazioni e nelle modalità di stimolo delle sensibilità personali per farne due in avanti per promuovere la donazione.
Sono convinto che niente, più dei fattori citati dai donatori qui intervistati, siano quelli vincenti per la promozione del dono: senso di appartenenza, identità, trasmissione attraverso l’esempio, aggregazione, contaminazione positiva nella relazione, tenacia e costanza. Non dobbiamo fossilizzarci sulla nostra visione e sui nostri giudizi di cinquantenni che hanno vissuto in un epoca diversa e che vedono le cose con la maturità di chi ha percorso una buona parte del proprio cammino di vita. Dobbiamo pensare a come impiegare queste caratteristiche che ci appartengono per raggiungere un unico obiettivo: garantire lunga vita alla donazione di sangue.
Il programma della festa di domenica prevede, come si diceva, alle 11 la messa nella chiesa parrocchiale di Lugagnano e alle 13 il pranzo sociale presso il ristorante Parc Hotel Gritti di Bardolino.