Autunno, stagione dal fascino senza tempo: Simbologia, significati e tradizioni

“Così cadono le fronde intorno all’albero in autunno: esso non ne sa nulla, la pioggia lo bagna o lo colpisce il sole o il gelo, la vita gli si ritrae lentamente in uno spazio minimo e intimo. Esso non muore. Aspetta” (Hermann Hesse)

All’equinozio d’autunno il giorno e la notte si equivalgono in durata concludendo il primo emiciclo dell’anno solare. Come un tempo indicava il nascente segno astrologico della Bilancia, l’equinozio rappresenta un momento di equilibrio atto a predisporre gli animi all’inversione del ciclo naturale, un passaggio simbolico dalla luminosa estroversione estiva all’introspezione notturna dell’inverno.

Lentamente, come le foglie che cadono, la vegetazione si avvia alla fase del riposo e ciò che vive in superficie muore per nutrire ciò che vive in profondità. Denso di malinconia e al tempo stesso di una vitalità intensa, l’autunno non lascia indifferenti: vento, foschia, soleggiate, acquazzoni improvvisi, nuvole rapide che attraversano il cielo terso… L’apertura della stagione si contraddistingue con l’instabilità dei fenomeni, mentre la terra arida, che sarà presto coperta da un manto di foglie, si dipinge di calde tonalità, quasi a rimarcare il ricordo dell’estate ormai lontana.

Con il progressivo ritirarsi della luce è facile che il tono dell’umore sia particolarmente suscettibile al cambio di stagione, ricalcando l’andamento dei movimenti autunnali con i suoi alti e bassi atmosferici. L’autunno è stato spesso associato alla caducità della vita e alla nostalgia del tempo che passa, eppure la sua etimologia (che si ricollega al latino autumnus con il significato di aumentare, arricchire) originariamente esprimeva l’idea del saziarsi, del godere la stagione ricca di frutti che la natura e il lavoro dell’uomo hanno preparato.

Per i popoli antichi, il giorno dell’equinozio corrispondeva a un passaggio tangibile tra la vita e la morte, verso il tempo dell’oscurità, verso l’improduttività della terra. L’autunno contadino era “la mezza stagione”, quella che intercorreva tra “el caldo e el frédo”, tra la fine dell’estate e l’esordio dell’inverno. L’arrivo della “stagione morta” sanciva l’inizio del periodo di riposo dalle attività dei campi, il rientro delle mandrie dall’alpeggio (a San Michele “le bestie le descàrga la montagna”) e il momento in cui si traevano le somme dopo la vendemmia e l’ultimo raccolto del frumento.

Gli elementi dell’attività agricola che riflettevano appieno la simbologia dell’equinozio autunnale riguardano indubbiamente la coltura del grano e dell’uva. Quale caratteristica accomuna questi due antichi fondamenti della società contadina? Entrambi necessitano di compiere un “passaggio attraverso il buio” (mentre l’uva fermenta chiusa nei tini, il seme riposa sotto la terra), affinché si sviluppi il germoglio di una nuova pianta e avvenga la trasformazione del mosto in vino.

Come in estate anche l’autunno proponeva diverse sagre e “sagróni”, prima dell’ultima festa dell’anno agricolo: “la festa” di fine ottobre (l’unica priva di dedicazioni liturgiche) che assumeva il valore simbolico della chiusura. Questo evento precedeva l’ottavario dei morti (ultimo periodo utile per “le sómene”) dopo il quale riprendeva il lunario (il calendario contadino che “el coréa da un san Martin a l’altro”), con tutti i rituali e le cerimonie propiziatorie alla rigenerazione vegetale che, assieme alla Madre Terra, voleva come protagonisti i defunti.

L’autunno è una stagione dal fascino senza tempo, che odora dell’aria umida intrisa di mosto e del fumo delle stoppie che sale all’orizzonte da una vecchia cascina di campagna. Mentre l’oscurità avanza, il freddo diventa più intenso e le tinte dorate del foliage virano grevemente verso i toni smorti e pesanti, dove lo sguardo si perde abbandonandosi ai rimpianti del passato. L’autunno è un viaggio iniziatico verso l’introspezione e la saggezza, verso un mondo che dalla Natura ha compreso la necessità di “lasciar andare”, come gli alberi abbandonano al vento le foglie morte.

Nell’immagine, il dipinto “Autumn Landscape” di Vincent Van Gogh.

Passeggiare in aperta campagna, ispira la mia passione per la scrittura e la fotografia, e mi trasporta in una realtà dove percepire ancora le mezze stagioni. La mia personalità eclettica e la formazione multidisciplinare volta alla ricerca della bellezza, si esprime al meglio come consulente nell’ambito della fitocosmesi. Dopo mezzo secolo di città, il territorio di Sona mi sta ora offrendo una nuova dimensione di vita dove sperimentare altre tradizioni e antichi valori. Collaboro con il Baco con la rubrica “Il salotto di madre Natura".