Ara Decima a Sona, un’antica area di servizio del periodo romano

Via Giacomona, prolungamento di via Matteotti, è la strada che da Bosco di Sona conduce a San Giorgio in Salici. Sarebbe una normalissima viuzza periferica se non fosse che, di tanto in tanto, qualche ingombrante TIR proveniente dalla Regionale 11 la percorre e, oltrepassata una corte rurale denominata “Ara Decima”, svolta a destra per caricare o scaricare merci nella zona industriale.

Ma non è di quel recente insediamento di capannoni che vogliamo parlare, bensì della suddetta località dal toponimo strano, che rappresenta una delle zone storicamente più interessanti del Comune di Sona.

“Ara Decima” era, al tempo degli antichi romani, un’area di servizio lungo la strada che da Milano conduceva, passando per Brescia, a Verona. Si trattava della via Gallica, che sorprendentemente seguiva all’incirca lo stesso percorso dell’attuale Regionale 11. Non c’è da stupirsi: il sistema viario romano era così ben fatto, che molti tragitti sono stati mantenuti anche in epoche successive.

Dopo un certo numero di chilometri i cavalli e gli animali da soma erano stanchi, e occorreva farli riposare o cambiarli, così come anche gli uomini avevano bisogno di ristoro. Per queste necessità ci si poteva fermare in qualche area di sosta, detta “mansio”, che ogni tanto si incontrava lungo il tragitto.

Dopo Brescia ce n’era una a Sirmione, poi un’altra a Peschiera (l’antica Arilica); in questo paese è stata addirittura trovata la pietra miliare, ossia il cippo marmoreo di forma cilindrica che indicava quante miglia restavano per arrivare alla città più vicina, cioè Verona.

Il nome di questo antico segnale stradale deriva dal fatto che ne veniva posto uno sul bordo della via ad ogni mille passi romani (14,8 Km); serviva non solo per facilitare i viaggiatori, ma anche per delineare le zone di manutenzione della strada (da “stratum”, ossia il lastricato di lastroni di pietra su cui si camminava, sotto il quale c’era un fossato di 45-60 cm ripieno di strati di sassi, sabbia, terra, calcina).

La “mansio” poteva talora essere piccola e modesta (quale crediamo sia stata Ara Decima), ma in certi percorsi si incontravano dei veri complessi edilizi, muniti di bagni pubblici, magazzini, negozi, servizio medico, stalle e addirittura stabilimenti termali. Proviamo a immaginare come poteva essere un viaggiatore che vi si fermava: una tenuta da viaggio comoda, consistente in una tunica corta e un mantello con cappuccio, in mano un bastone per sorreggersi o per difesa, una lucerna per la notte, il bagaglio leggero racchiuso nel “marsupium” pendente dalla cintura; poco più in là il servo e il carro con gli animali da tiro che riposavano e si nutrivano.

Quando mancavano dieci miglia all’arrivo a Verona, i viandanti potevano fare un’ulteriore sosta, l’ultima, nella stazione sonese di cui stiamo parlando, entrare nella locanda a dissetarsi, sgranchirsi le gambe e sospirare: “Ormai fra poco siamo a Verona!”.

Chissà! Forse la pietra miliare (certamente simile a quella scoperta a Peschiera) con incisa una X, ossia l’indicazione in numero romano di quante miglia mancavano per arrivare in città, giace sepolta sotto quella terra un tempo meta di cavalli e carri, oggi di camion che, con aria di superiorità, svoltano verso la zona industriale della Giacomona.

Nato a Verona nel 1956, lavora come medico di base. Dal 2003 è redattore del “Baco da seta”, su cui pubblica articoli che trattano quasi sempre di storia del nostro Comune. E’ presidente del “Gruppo di ricerca per lo studio della storia locale di Sona”, che fa parte della Biblioteca comunale di Sona.