“Un tatuaggio è un disegno, un simbolo, una scritta, qualcosa di grafico, che attraverso un ago viene inserito nel derma: l’inchiostro trapassa gli strati di epidermide e si deposita sul derma, e rimane lì. Il derma resta in questo modo colorato per sempre. È una pratica assolutamente sicura, che non ha nessun tipo di conseguenza negativa e che possono fare tutti.” Michele Montresor, nel suo studio “Mastodon Tattoo Studio” di Lugagnano, mi spiega in poche e semplici parole che cosa sia un tatuaggio.
Qualcosa di apparentemente molto semplice, ma che è solo la punta dell’Iceberg di quello che è il mestiere di chi li esegue. Il tatuaggio, negli ultimi anni, ha assunto una popolarità ed un significato che non ha avuto in nessuna epoca precedente: non è più qualcosa di elitario, strano, malfamato o misterioso. Il tatuaggio è per tutti.
Le domande sono aumentate, fomentate soprattutto dai media e dalla televisione, che propongono sempre più spesso personaggi famosi, sportivi e dello spettacolo tatuati. L’esposizione giornaliera ad esempi di questo tipo ha reso il tatuaggio e chi lo indossa qualcosa di più accessibile, di adatto praticamente a chiunque, senza distinzione di età, sesso, o provenienza sociale.
“La tipologia di persone che al giorno d’oggi si rivolge ad un tatuatore – mi spiega Michele – non è più quella di una volta: non è più come un tempo, non ci sono solo giovani ma vengono negli studi anche famiglie, signore e papà con figlie.”
All’aumento della domanda corrisponde necessariamente un aumento anche di coloro che questi simboli li imprimono sulla pelle degli altri: ci sono, infatti, sempre più tatuatori. Di pari passo con il cambiamento e l’aumento della clientela c’è stato infatti anche un radicale cambiamento della figura del tatuatore, che non è più “quello di una volta”.
“Adesso sempre più persone vogliono tatuarsi e sempre più persone diventano tatuatori. Questo ha fatto in modo che ci sia stata un’evoluzione dal tatuatore vecchio stile: una volta, chi voleva un tatuaggio si rivolgeva direttamente al tatuatore, che aveva in studio i propri lavori, e la persona doveva fidarsi bene o male di quello che avrebbe fatto. Ora il cliente è molto più informato, ha esigenze differenti e il tatuatore deve essere più accondiscendente e gentile con il cliente; tutto questo contrasta chiaramente con l’immagine del tatuatore burbero di una volta.” L’avvento e l’utilizzo dei social network, come Instagram o Facebook, ha esercitato una massiva influenza anche nel mondo degli artisti: i propri lavori possono essere condivisi velocemente e tutto ciò li espone necessariamente anche alla “critica” di chi li osserva.
Soprattutto per quanto riguarda i tatuaggi, il cliente arriva adesso molto più informato e sa quello che vuole. “La gente – indica Michele – sa quello che vuole e sa come i tatuaggi vengono eseguiti perchè su internet ci sono mille esempi. Sta al tatuatore indirizzarla su quello che è meglio per loro e fargli capire quello che si può e non si può fare.”
Il problema del tatuaggio che si vede sui social è proprio il fatto che ne esistono moltissimi di falsi: è bene non fidarsi troppo di alcune immagini che si vedono su internet, perchè ci sono tatuaggi che non possono essere realizzati, anche se su internet sembrerebbe tutto possibile (“come per esempio tatuare un volto su un dito”, mi spiega Michele).
Nonostante ciò, la maggior parte delle persone arriva dal tatuatore con le idee abbastanza chiare. E per arrivare al tatuaggio, l’iter non è così scontato come potrebbe sembrare. “Il tatuaggio è un processo di costruzione: il ruolo è diviso a metà: la persona deve sapere quello che vuole, o avere un’idea generale almeno del concetto che vuole esprimere, e il ruolo del tatuatore è quello di consigliare al meglio, dal punto di vista grafico, come rappresentare ciò che il cliente desidera. L’unione di queste due cose porta dalla realizzazione del tatuaggio. Per fare questo mestiere io sono convinto che il tatuatore debba essere una persona capace di stare con le persone, di creare un rapporto con le persone. Devi sapere dare risposta alle esigenze di ognuno, quindi non solo parlare la ‘lingua’ di quelli che hanno la tua stessa età, ma rapportarti anche a persone più grandi o più piccole. Ovviamente le persone devono fidarsi di quello che dici, rispettare la tua esperienza. Quando c’è questo incastro magico di persone che si fidano, del tatuatore che fa il massimo per accontentare il cliente, viene fuori un bel lavoro.”
La realizzazione del tatuaggio non deve essere quindi qualcosa di veloce, rapido, meccanico. Eseguire un tatuaggio è il risultato della creazione di un rapporto che si basa sulla fiducia nel tatuatore e sulla libertà di espressione da parte del cliente. Molto spesso infatti il tatuaggio è qualcosa di personale, intimo ed importante, e realizzare qualcosa di così privato necessita della totale trasparenza da parte di entrambe le parti coinvolte.

A livello generale comunque, “farsi un tatuaggio” prevede che il lavoro si svolga in questo modo. “Per come funziona il lavoro – mi spiega Michele – la persona viene nello studio, e prima si fa un consulto: si decide cosa tatuare e come, e poi si prende un appuntamento per eseguirlo effettivamente. Dopo la consultazione io elaboro la mia idea su quel tatuaggio. Qualche giorno prima che la persona venga per tatuarsi, ci si confronta una seconda volta per vedere la mia proposta, ed eventualmente si può sistemare qualcosa. Quando abbiamo dato l’ok entrambi, il giorno dell’appuntamento si fa il tatuaggio.”
Il tatuaggio è doloroso, ma non troppo: è qualcosa di assolutamente sopportabile. Ma prima di sottoporsi ad un tatuaggio, è bene sapere che ci sono parti del corpo più delicate di altre. “Il tatuaggio è una cosa che fa male, ma non fa malissimo. Il dolore è una cosa soggettiva e dipende molto dalla zona. In linea generale, gli arti superiori e inferiori sono zone tranquille, è più un fastidio che dolore; mentre il costato, il collo del piede e il centro della schiena, soprattutto bassa, sono zone molto dolorose, ma anche lì dipende dalla capacità di sopportazione di ognuno. In ogni caso sono cose per cui si sopravvive e si riesce ad arrivare in fondo. I punti peggiori sono dove c’è la pelle o troppo sottile o troppo spessa (il polpaccio per esempio) perchè bisogna andare più in profondità. Il dolore dipende anche dalla mano del tatuatore: c’è chi preme di più e fa più veloce, e chi invece è più delicato e prende di più il suo tempo, come faccio io.”
Gli studi in cui si eseguono tatuaggi non lavorano tuttavia solo su pelle “pulita”, ma eseguono moltissimi lavori anche su tatuaggi vecchi, che il cliente vuole in qualche modo modificare. “Buona parte del lavoro in questi anni è stata coprire lavori che sono stati fatti un tempo: le cosiddette ‘cover up’. Non sempre è possibile farle, come nel caso in cui il tatuaggio vecchio sia particolarmente scuro, ha ancora un nero pieno, ed è particolarmente grande. Per eseguire una cover up il tatuaggio in questione deve essere abbastanza sbiadito e possibilmente ridotto, in modo da poter fare qualcosa di più grande e che copra perfettamente la superficie di quello vecchio. Non bisogna per forza tenersi un tatuaggio che non piace per tutta la vita.”
L’esecuzione di tatuaggi o di cover-up, al di là dell’aspetto artistico, deve sottostare ad alcune norme igieniche e burocratiche che regolamentano l’attività dei vari studi, come quello di Michele. “Il lavoro consiste nel disegnare un corpo ed è una cosa che non porta con sé nessuna conseguenza negativa. Tutto ciò che utilizzo è materiale monouso, quello che si usa con un cliente viene poi buttato via, e viene smaltito da ditte specializzate in rifiuti speciali. Tutti i colori e gli inchiostri che uso sono anallergici, quindi il rischio è pari a zero, a meno che il cliente abbia patologie particolari, ed in quel caso si firma comunque prima un documento relativo alle proprie condizioni di salute. La persona viene informata prima di fare il tatuaggio su ciò che accadrà ed è tenuta allo stesso tempo a fare presente le proprie condizione di salute. Si possono fare tatuaggi anche ai minorenni, dai 16 anni, solo se siamo in possesso della firma dei genitori che danno il consenso per la realizzazione. Prima di questa età non è comunque possibile tatuare, lo dice la legge.”
Il lavoro del tatuatore è quindi strettamente legato alla persona, come destinataria della sua “mano”, del suo disegno, e della sua arte. Non si può prescindere né dalla passione per il disegno né dal piacere di stare con le persone. “Non ho ricordi di quando ho cominciato a disegnare – racconta Michele -. L’ho sempre fatto tutti i giorni della mia vita da quando ero all’asilo, quindi è proprio la più grande passione della mia vita. Come tutti gli adolescenti figli degli anni ’80 che sapevano disegnare, l’obiettivo era diventare fumettista, e quello inizialmente era anche il mio sogno. Andando avanti con il percorso di studi che mi ha portato a fare l’accademia delle belle arti, mi sono laureato in pittura. Per un certo periodo ho insegnato arte e immagine alle elementari, facevo il maestro. Mi sono poi buttato su altro, ho fatto assistenza domiciliare a persone disabili per tanti anni, parallelamente allo stare con i bambini. Finché sono riuscito a capire che la maniera migliore per disegnare e rendere questo una professione fosse proprio fare tatuaggi. Ci sono arrivato per caso, perchè facevo i disegni per i tatuaggi che dovevano farsi i miei amici. I miei amici dovevamo andare a farsi il tatuaggio e domandavano a me, perchè sapevano che ero bravo a disegnare, di preparargli il disegno. Quindi io preparavo per loro i disegni e li portavano dal tatuatore, finché un giorno uno di questi si è informato su chi facesse i disegni dei tatuaggi. Mi ha contattato, sono andato da lui e mi ha detto che gli serviva una mano per fare i disegni. Da lì, una volta che entri e vedi come è l’ambiente, e che c’è possibilità di esprimere creativamente quello che sei e dare un sorriso alle persone, è il massimo della vita. E’ comunque un mestiere che ti porta a fare cose sempre diverse, ogni giorno hai a che fare con persone diverse, con caratteri diversi che ti chiedono cose diverse, e tu devi trovare la soluzione migliore per accontentarle. Questa è una cosa che ti fa crescere tantissimo. Quando riesci ad accontentarle e fare un lavoro che ti gratifica, anche dal punto di vista estetico, è il massimo.”
Aprire il proprio studio a Lugagnano è il sogno che ha realizzato, ma prima Michele ha avuto modo di accumulare moltissima esperienza. Ha lavorato per vari studi a Verona, facendo l’apprendista: preparava i disegni, prendeva gli appuntamenti. Poi ha avuto la voglia di provarci, ha seguito il corso Igienico-Sanitario a Venezia e dopo l’abilitazione a tatuare ha cominciato a cercare dove poter esercitare.
Negli ultimi cinque anni ha lavorato in uno studio a San Bonifacio come dipendente e solo da aprile dello scorso anno ha aperto la propria attività nel suo paese originario. E’ rimasto molto sorpreso dalla velocità con cui le persone sono state attratte dal negozio: è una cosa che la gente non è abituata a vedere in un piccolo paese. Se qualcuno passa e vede un negozio di questo tipo, anche solo per buttarci l’occhio e per curiosità, entra.
Di questi tempi però c’è qualcosa a cui un tatuatore non dovrebbe proprio rinunciare per rendersi visibile: il profilo social, anche se buona parte della conoscenza si basa ancora sul passaparola. “Il social è quasi obbligatorio, se operi senza social sei tagliato fuori. Instagram o Facebook danno la possibilità di far vedere come lavori. Una volta per il tatuatore c’era il book, ma se una persona non veniva fisicamente dentro il negozio non poteva vedere che tipo di lavori facesse. Con i social qualcuno sente parlare bene di te e ha la possibilità di andare sulla tua pagina e vedere effettivamente che tipi di lavori fai; se qualcosa lo attira particolarmente, è più facile che ti chiami o che venga in studio. Il tutto però si riduce sempre al passaparola: vedo esempi intorno a me di persone tatuate, e questo mi dà più coraggio nell’andare a farlo. Essendo ora di uso comune, è più facile che io sia invogliato ad andare in uno studio per un tatuaggio. Questo porta il cliente ad essere più esigente, perchè si vedono tantissimi esempi di tatuaggi e si inizia ad avere una visione critica a riguardo. Se una persona è intelligente valuta bene il lavoro del tatuatore prima di affidarsi alle sue cure.”
I social permettono infatti di scoprire che cosa ci può piacere, di scegliere lo stile o il disegno che più si adatta a noi e di decidere quindi di rivolgersi all’uno o all’altro tatuatore in base alle esigenze che abbiamo. La personalizzazione del disegno è una parte molto importante: il tatuaggio deve, o meglio, dovrebbe, essere unico e nascere dall’unione delle idee del cliente e del gusto artistico del tatuatore.
Arrivare in uno studio con un disegno preso da internet e volerlo pari pari sulla propria pelle è un azzardo: meglio sarebbe arrivare con una bella idea e discuterne con il tatuatore, in modo da poter realizzare su di sé qualcosa di davvero unico e non una copia di qualcosa che possono avere tanti altri. “Come tutti i lavori – prosegue Michele – ha i suoi ‘ossi’, e l’osso, nel mio caso, è il cliente quando non è nelle tue corde, o quando è particolarmente esigente e tu non riesci ad accontentarlo. Oppure tipologie di lavori che ti piacerebbe fare ma che magari non ti senti ancora in grado di affrontare. Ovviamente è anche un discorso di onestà: se qualcosa non rientra nelle corde e nello stile del tatuatore, lo si orienta verso qualche collega che è capace di fare quel tipo di lavoro. Colleghi seri fanno la stessa cosa con me.”
Mano a mano che si cresce, si raggiunge uno stile personale, ed una tipologia di lavori che si eseguono meglio di altri perchè corrispondono maggiormente ai propri gusti. Nel caso di Michele, gli animali colorati sono la categoria che preferisce. Tuttavia quando si fa parte di un team o si lavora in gruppo bisogna saper accontentare tutti: dalla scritta al simbolo, alla fascia nera. “E’ una buona scuola: impari ad avere a che fare con persone diverse, a maturare una tecnica: la signora 50enne è diversa da un ragazzo di 20. Poi con la fortuna di avere clienti che ti seguono e un buon bacino di utenza, iniziano a chiederti le cose che ti piacciono e che fai meglio. L’idea di ognuno di noi che fa questo lavoro è abbandonare ciò che non è nelle nostre corde per fare ciò che ci viene meglio, ognuno con il proprio stile. Nel mio caso avendo appena aperto ed essendo da solo a lavorare, ovviamente, devo accontentare tutti”.
Nonostante la clientela “variopinta” ed attratta dal suo nuovo negozio, Michele sottolinea alcuni “paletti” che indirizzano il suo lavoro: “Io per principio non eseguo tatuaggi di carattere religioso o politico. Questo perché indipendentemente dalle mie idee politiche o religiose, non voglio che il mio studio venga associato a una corrente politica o religiosa. Tutto il resto mi va benissimo.”
Ho conosciuto così Michele, nel suo studio un po’ fuori dagli schemi, dove sembra di essere in una giungla ma dove ci si sente capiti e ascoltati, perchè è un ragazzo che davvero mette passione e serietà in ciò che fa. “Fa ciò che ami, e non lavorerai un solo giorno della tua vita”, diceva Confucio. Mi sembra non ci sia altro da aggiungere.