Quello che comunemente viene definito “alcolismo” è definito dagli addetti ai lavori “disturbo da uso di alcol” ed è un disturbo comune, che colpisce circa il 10% della popolazione, e che ha un esordio di solito nella tarda adolescenza, intorno ai 20 anni e comunque entro i 40.
Viene diagnosticato quando sono presenti i seguenti sintomi:
- L’alcol è spesso assunto in quantitativi maggiori o per un periodo più lungo di quanto fosse nelle intenzioni;
- Desiderio persistente o sforzi infruttuosi di ridurre o controllare l’uso di alcol;
- Una gran parte del tempo è impiegata in attività necessarie a procurarsi l’alcol, usare alcol o recuperare dai suoi effetti;
- Craving, o forte desiderio o spinta all’uso di alcol;
- Uso ricorrente di alcol, che causa un fallimento nell’adempimento dei principali obblighi di ruolo sul lavoro, a scuola, a casa;
- Uso continuato di alcol nonostante la presenza di persistenti o ricorrenti problemi sociali o interpersonali causati o esacerbati dagli effetti dell’alcol;
- Importanti attività sociali, lavorative o ricreative vengono abbandonate o ridotte a causa dell’uso di alcol;
- Uso ricorrente di alcol in situazioni nelle quali è fisicamente pericoloso;
- Uso continuato di alcol nonostante la consapevolezza di un problema persistente o ricorrente, fisico o psicologico, che è stato probabilmente causato o esacerbato dall’alcol;
- Tolleranza (bisogno di quantità marcatamente aumentate di alcol per ottenere intossicazione o l’effetto desiderato, e marcata diminuzione dell’effetto con l’uso continuato della stessa quantità di alcol);
- Astinenza (sintomi che seguono la cessazione o riduzione dell’uso di alcol: sudorazione, tremore, insonnia, tachicardia, nausea o vomito, allucinazioni, ansia, agitazione psicomotoria).
È interessante notare che il semplice consumo di alcol, anche quotidiano, e anche un’occasionale intossicazione, non sono determinanti per la diagnosi. Quello che fa realmente la differenza è l’impatto sulla qualità della vita.
Chi ha questo disturbo beve per bisogno, per il bisogno di ridurre il craving: un termine tecnico che indica semplicemente il desiderio improvviso e incontrollabile per una sostanza, un cibo o qualunque altro oggetto o comportamento gratificante.
In tutti questi casi è coinvolto il sistema cerebrale della ricompensa e della gratificazione, sistema regolato da un neurotrasmettitore che si chiama dopamina. Tutto ciò che produce ricompensa e gratificazione (buon cibo, sole, cioccolato, sesso, musica) stimola il rilascio, in specifiche aree cerebrali, di dopamina.
Ricerche che risalgono già agli anni ’50 hanno dimostrato che se ad un ratto veniva concesso di stimolare queste aree cerebrali attraverso un elettrodo che poteva attivare premendo una leva, il ratto premeva la leva all’infinito, ignorando qualsiasi altra distrazione.
Queste aree furono in seguito soprannominate “centri del piacere” e sono quelle coinvolte appunto nelle dipendenze: che si parli di alcol, di cibo, o di comportamenti come il gioco d’azzardo.
Pare che in alcune persone il rilascio di dopamina in seguito ad attività gratificanti sia maggiore che in altre, e che siano proprio queste le persone predisposte a sviluppare una dipendenza, da alcol ma non solo.
Certo, la responsabilità non è sempre e solo della biologia, tuttavia è sempre bene ricordarsi che stiamo parlando di un disturbo vero e proprio e non di un “vizio” o di una “cattiva abitudine”, come spesso facilmente tendiamo ad etichettarlo.
E che non bisogna attendere prima di rivolgersi ad uno specialista o all’Associazione Alcologici Territoriali, presente anche nel nostro Comune.