Agosto, il sesto mese del calendario di Romolo e delle gite fuori porta del periodo fascista

“Erano i giorniavvicinandosi San Lorenzoche la canicola sfogava l’estrema sua forzae il cielo sfatto in sole verberava la terra affocata” (Riccardo Bacchelli).

Dei mesi estivi, agosto è decisamente torrido. Sullo sfondo di un cielo indefinito dalla canicola, la dominante paesaggistica alterna i toni caldi dei campi arsi dal sole, al verde fresco delle colline. La mietitura del grano è ormai compiuta, mentre l’uva e le olive si avviano a maturare in vista del prossimo raccolto d’Autunno, grazie al solleone.

Agosto, che in origine era Sextilis (il sesto mese del calendario di Romolo), prende il nome dal primo imperatore della storia romana Ottaviano Augusto ed è il mese del “chiuso per ferie”.

Ma come nasce questa tradizione? Nel mondo romano, la feria indicava un giorno di riposo dedicato al culto pubblico e privato. Ottaviano, dopo circa un secolo di guerre, aveva riportato a Roma pace e unità e dato avvio a un’epoca di prosperità e sviluppo. Per consolidare il legame con la cittadinanza, alle calende di agosto (il primo giorno del mese) l’Imperatore aveva istituito le feriae Augusti.

La vita pubblica nell’antica Roma era regolata dai cicli agricoli e agosto rappresentava già un periodo di pausa dall’attività contadina, durante il quale ci si dedicava al riposo, alla celebrazione del raccolto e ai rituali propiziatori per la fertilità dei campi che traevano origine dagli antichi Consualia. Nel tempo il termine feriae Augusti (ferie di Augusto, da cui Ferragosto) si riferiva all’insieme delle feste che impegnavano l’intero mese, creando in questo modo una continuità con le altre celebrazioni preesistenti, tra cui i Nemoralia dedicati a Diana Nemorensis, tanto amati dal popolo.

Diana (da Diviana) si ipotizza possa derivare da dius (arcaico divios), “divino” o da dies “il giorno”, quindi è la dea della luce diurna, quella che permette alla vegetazione di crescere e che dà la vita.

L’ambiente boschivo è stato il primo luogo di culto (templum) comune a tutte le società antiche che, contrapposto alla Natura coltivata e organizzata della vita quotidiana, costituiva uno spazio sacro (Nemus) e trascendente. Intimamente connessa al mondo vegetale (sostentamento primario delle comunità), Diana era la Grande Madre che proteggeva i boschi, le selve e gli animali, custodiva le fonti e i torrenti, le erbe curative e la salute, tutelava le donne e assisteva i parti. Il grande consenso ottenuto da Diana “dei sacri boschi” si doveva inoltre al carattere accogliente della dea dato che a questo antichissimo culto di origine italica, potevano partecipare tutti senza distinzione, anche gli schiavi.

Per queste caratteristiche il culto di Diana Nemorensis era molto radicato nella popolazione ed è sopravvissuto anche in seguito all’istituzione del Cristianesimo come religione ufficiale dell’Impero, soprattutto nelle campagne. Nel tempo alla sua figura si sono sovrapposti diversi miti di natura lunare e oscura, come quello greco di Artemide ed Ecate, ma l’immagine più vivida e solenne è quella di Maria Assunta, che si festeggia nel giorno dell’attuale Ferragosto.

Le “gite fuori porta” di Ferragosto risalgono invece al periodo fascista. Dai due giorni che precedevano la festa dell’Assunzione, il regime organizzava viaggi in treno a prezzi ridotti: la “gita di un sol giorno” e la “gita dei tre giorni”.

Nel trascorrere questa giornata all’insegna delle antiche tradizioni, ecco che una fresca giornata nel bosco può aprire uno spiraglio verso quel mondo ancestrale dove è ancora possibile sentire la voce di Diana che sussurra tra le fronde, mentre nelle calde notti di agosto sciami di meteore solcano silenziose le profondità del cielo.

Nell’immagine, “Cucendo la vela” di Joaquín Sorolla (1896).

Passeggiare in aperta campagna, ispira la mia passione per la scrittura e la fotografia, e mi trasporta in una realtà dove percepire ancora le mezze stagioni. La mia personalità eclettica e la formazione multidisciplinare volta alla ricerca della bellezza, si esprime al meglio come consulente nell’ambito della fitocosmesi. Dopo mezzo secolo di città, il territorio di Sona mi sta ora offrendo una nuova dimensione di vita dove sperimentare altre tradizioni e antichi valori. Collaboro con il Baco con la rubrica “Il salotto di madre Natura".