Sugli ultimi numeri del Baco abbiamo trattato della ripresa, seppur ancora debole, dell’imprenditoria locale, e di come le attività commerciali presenti nel territorio sonese stiano uscendo dal periodo di crisi economica che ha portato al fallimento, o al trasferimento, di non poche aziende. A trarne il beneficio sono sicuramente i titolari delle stesse ma anche i loro dipendenti che, grazie a questo, seppur flebile, incremento economico, possono garantire una certa stabilità alle loro famiglie.
In questo scenario si colloca l’ambito dell’istruzione. Quanto riteniamo che sia importante l’educazione? E quanto questa può essere legata alla povertà economica? Se risulta palese presumere che l’istruzione sia uno dei tasselli fondamentali, assieme alla famiglia e al contesto socio-economico, a comporre le fondamenta della vita futura di un qualsiasi cittadino, appare più opinabile credere che “vi sia uno stretto legame tra povertà economica e povertà educativa: come in un circolo vizioso la povertà economica ed educativa dei genitori viene trasmessa ai figli, che a loro volta saranno, da adulti, a rischio povertà o esclusione sociale. E’ la mancanza di opportunità universali che dovrebbero essere garantite a tutti, indipendentemente dal contesto in cui si vive e dall’origine sociale e culturale della famiglia”.
Questo è ciò che si legge nel Rapporto Statistico 2018 in riferimento alla Regione Veneto, e che trova conferma nel testo della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 e ratificata dall’Italia il 27 maggio 1991 con la legge n.176, dove il diritto allo sviluppo del bambino e dell’adolescente rientra tra i principi fondamentali.
Basandosi su tali dati oggettivi, viene da chiedersi che cosa ne sarebbe della vita di ognuno di noi senza una dovuta istruzione. Molto dipende sicuramente dalla propensione allo studio insita nello studente, ma una parte risulta essere legata alle disponibilità economiche della famiglia. Il quadro risulta, per certi versi, sconcertante o comunque difficile da accettare. Il concetto chiave appare chiaro: i bambini che crescono in un contesto di povertà economica risultano più fragili da un punto di vista educativo, dovendosi impegnare maggiormente nel loro percorso di studi.
Dai dati emersi in relazione all’IPE (Indice multi dimensionale che misura la mancanza di opportunità educativa di bambini e ragazzi a scuola e fuori da scuola), pare che il livello di povertà educativa nel nostro Comune sia medio-basso. In un contesto dove luogo di nascita, genere, status socio-economico della famiglia e background migratorio, decretano un probabile abbandono scolastico, Sona e le relative frazioni, si pongono sopra le più rosee aspettative.
Dal Rapporto INVALSI sui risultati del 2018 emergono due punti di forza. Il primo riguarda i risultati raggiunti a medio-lungo termine: con il procedere degli anni, infatti, i risultati degli alunni si elevano progressivamente, a dimostrazione di un lavoro assiduo e sistematico delle scuole sulla crescita dei ragazzi. Il secondo rivela che le nostre scuole hanno saputo integrare gli alunni stranieri presenti sul territorio sonese, trasformando questa situazione in opportunità.
Il quadro emerso è positivo, a dimostrazione che gli Istituti Comprensivi del nostro territorio lavorino in modo trasversale, garantendo una crescita degli studenti in divenire, pensando al loro futuro, alla loro propensione personale e ai loro sogni. Resta ancora molto da fare per garantire agli allievi provenienti dai contesti socio-culturali più bassi le stesse opportunità formative dei compagni più fortunati, ma il percorso intrapreso dagli Istituti fa comprendere come la volontà di creare un terreno fertile alla crescita educativa e formativa degli studenti sia posto in primo piano.
Resta da chiedersi, a questo punto, che cosa sognino i nostri ragazzi, quale sia la loro aspirazione futura. Parlando con alcuni di loro scopriamo quindi che, con molta naturalezza, essi non puntino più a mansioni irraggiungibili, quali l’astronauta o il presidente di una potente nazione ma, al termine della Scuola secondaria di primo grado, propendano per scuole di indirizzo tecnico o professionale. I licei sono ancora gettonati ma come trampolino di lancio per l’accesso ad università che permettano loro di concretizzare l’obiettivo che si erano prefissati.
I ragazzi del nostro Comune sembrano aver accantonato l’aspirazione al posto fisso, optando per professioni più innovative, combinanti scienza e tecnologia quali Assistente sociale per social network, Personal brander, Business developer, Technical sales, Private banker e Internal auditor. La motivazione di tale scelta è da ricollocarsi nella natura stessa di tali mansioni: lavori diversificati, in divenire e stimolanti.
La prospettiva dei giovani di oggi è quindi quella di orientarsi verso una professione stimolante ma, al contempo, dinamica, che permetta flessibilità lavorativa ed una possibilità di carriera soddisfacente. Tenendo conto dell’evoluzione in atto in ambito lavorativo, dove non sempre viene richiesta una laurea (un laureato su tre viene ritenuto troppo istruito per il lavoro svolto), il diploma o una qualifica sembrano bastare. Vengono così fornite delle opportunità di successo anche ai ragazzi appartenenti a famiglie meno agiate, a rischio povertà o esclusione sociale.
La scuola, la famiglia, il contesto socio-economico concorrono alla creazione della libertà di pensiero, della motivazione e stima di sé, al fine di crearsi un’identità, un sistema di valori, per avere aspirazioni e sogni da realizzare.
Ricordiamocelo e ricordiamolo ai nostri figli. Come scrive Edmondo De Amicis in Cuore: “Coraggio dunque, piccolo soldato dell’immenso esercito. I tuoi libri son le tue armi, la tua classe è la tua squadra, il campo di battaglia è la terra intera, e la vittoria è la civiltà umana. Non essere un soldato codardo, Enrico mio. Tuo padre”.