25 aprile, i tanti motivi (e i tanti nomi) per ricordare a Sona questa data

Il 25 aprile del 1945 alle 8 del mattino, via radio, il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI), presieduto da Luigi Longo, Emilio Sereni, Sandro Pertini e Leo Valiani, con un proclama invitò all’insurrezione in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti.

“Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire.”

La guerra stava finendo ed il Regime ventennale era caduto.

Ricordare oggi quella data significa ricordare innanzitutto i Caduti del secondo conflitto mondiale. Nel nostro Comune sono 49 i nomi dei militari presenti sui monumenti ai Caduti, morti in combattimento, per ferite o malattie, in prigionia o dispersi.

Lungo il percorso della ricerca di notizie del periodo per giungere, fra qualche mese, a pubblicare il terzo libro storico de Il Baco da SetaIl Ventennio Fascista ed il ritorno alla Democrazia – anni 1926-1951 – abbiamo potuto recuperare i nominativi di 24 Caduti che non compaiono sui monumenti. Molti di loro sono “scomparsi” durante la tragica ritirata di Russia del dicembre 1942 – gennaio 1943 e registrati all’anagrafe, alcuni anni dopo, come “deceduti” con dichiarazione di “morte presunta”.

Per anni taluni hanno tentato di farci credere che i militari della seconda guerra mondiale avessero combattuto per difendere la dittatura fascista. Non è vero, essi combatterono e molti morirono, facendo il proprio dovere di cittadini. Le scelte errate dei Governanti italiani di quegli anni bui non sminuiscono minimamente il loro impegno ed il loro sacrificio.

Assieme a loro dobbiamo anche ricordare i Caduti civili per fatti di guerra ed inoltre le Vedove e gli Orfani che hanno portato per tutta la vita il peso di un lutto subito a seguiti di eventi così tragici.

Ci sono altri concittadini ai quali deve andare il nostro grato pensiero. Sono i Partigiani, i Deportati e gli Internati, morti o sopravissuti anch’essi per aver voluto rendere un servizio al proprio Paese,  lungo un percorso più tortuoso.

A Sona l’attività partigiana fu assai modesta. La pubblicazione Prigionia e deportazione nel Veronese – 1943-1945 di Gracco Spaziani, Paolo Dalli Cani, pubblicato nell’aprile del 2013 ne specifica il motivo “l’attività partigiana nel veronese non ha potuto attingere alle dimensioni che in altre parti d’Italia a causa della massiccia organizzazione repressiva presente a Verona”.

Il libro ci ha consentito di recuperare i nominativi di alcuni Partigiani del nostro Comune. Nella lugubre statistica relativa alla provincia di Verona, indica in quattro i deportati politici abitanti a Sona, senza però fornirne i nominati.  Due nominativi sono stati recuperati presso l’ANED di Verona (Associazione Nazionale Ex Deportati nei campi nazisti).  Sono entrambi  morti nei campi di concentramento.

Il primo è Mazzi Luigi, di Gianbattista, nato a Sona il 29 gennaio 1915 e sposato a S. Massimo con Ballarini Antonia, abitante a Lugagnano al numero 101 (seguendo una vecchia numerazione anagrafica dovrebbe essere via 24 maggio) con tre fratelli. Siamo venuti a conoscenza che venne prelevato dal campo di raccolta di Peschiera nella prima massiccia deportazione effettuata dai tedeschi dopo l’occupazione dell’Italia l’8 settembre 1943. Era il 20 settembre 1943 ed il convoglio con 1.788 deportati giunse il 22 settembre a Dachau. Fu classificato AZR (Lavori forzati) matricola 55126  nel campo di Majdanek. Pare si tratti di un  Mazzi del ramo Fagliero. La data di morte registrata è quella del suo arrivo nel Campo di concentramento.

Il secondo è Mazzi Romeo, di Giuseppe (del ramo Matio) e di Miglioranzi Virginia, nato a Tregnago il 17 marzo 1912. Fu catturato a Verona ed inviato a Bolzano, da dove fu trasferito il 28 gennaio 1945, con classificazione “Politico”, n. 118 di matricola, a Flossenburg e quindi a Saal a.d. Donau, ove morì il 15 aprile 1945. Pur non essendo nato nel Comune, la sua triste vicenda umana è ricordata nel Comune perché il padre e la madre erano entrambi nativi di Lugagnano.

Nell’archivio storico comunale abbiamo trovato il nominativo di un terzo Partigiano: Costa Vittorio di Giuseppe, abitante in Contrada Gaburri, tornato vivo dai campi di concentramento, mancante di una gamba, e da una segnalazione giunta al Comune nel dopoguerra dall’Ufficio Provinciale Patrioti abbiamo recuperato il nominativo di Montresor Asssuero di Arturo classe 1918, anch’esso di S. Giorgio, senza particolari sulla sua vicenda umana.

Doveroso è anche scrivere dei nostri soldati rastrellati, catturati e deportati nei territori del Terzo Reich nei giorni successivi alla proclamazione dell’armistizio l’8 settembre 1943. Furono classificati come I.M.I. (Internati Militari Italiani) e differenziati dai militari di altre nazioni belligeranti, perché appartenenti ad un Esercito che aveva tradito l’alleanza con la Germania.

Per questa ragione subirono condizioni di prigionia più pesanti. Per non riconoscere loro le tutele previste dalla Convenzione di Ginevra, chi non accettò di arruolarsi con la Repubblica Sociale Italiana a fianco dell’esercito tedesco (e furono quasi il 90%), venne classificato “ lavoratore civile ”. Alcuni di loro morirono in prigionia, a causa dei bombardamenti alleati sulla Germania come Vantini Vittorio di Tullio e Valbusa Virginia, di Lugagnano nato a Sommacampagna il 28 settembre 1919 catturato l’8 settembre 1943 dall’esercito tedesco e morto ad Hannover Linden in Germania per incursione aerea nemica l’11 aprile 1944.

L'ingresso di don Boscaini a Lugagnano nel 1948
L’ingresso di don Boscaini a Lugagnano nel 1948

Per completare il quadro è opportuno anche ricordare che i morti nel conflitto furono 50 milioni fra gli alleati Anglo Americani ed i Russi (due terzi civili) e 12 milioni (un terzo civili) per la Germania, il Giappone e l’Italia. Dopo una simile tragedia  il mondo visse alcuni decenni di pace che portò sviluppo sociale ed economico. Sembrò che le Democrazie più responsabili avessero capito la lezione e trovato la strada per riprendere a scrivere pagine di concordia e di collaborazione.

Robert Schuman (1886-1963) politico francese, ritenuto uno dei padri fondatori dell’Unione europea (con Konrad Adenauer e Alcide De Gasperi) scrisse nel 1950 “l’Europa non potrà mai farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto” . Solamente un Politico sopravissuto all’orrore della Seconda Guerra Mondiale poteva mettere nero su bianco una simile professione di ottimismo, che era anche una manifestazione di speranza.

Nell’anno duemila, tramite un processo spontaneo tra varie proposte inviate da studenti di tutti i paesi membri, fu accettata dal Parlamento europeo la seguente, quale Motto ufficiale dell’UE: “In varietate concordia”, che in italiano può essere letto come “nella diversità c’è la concordia”.

Possiamo scrivere ai nostri giorni che i cittadini e gli Stati europei degli egoismi nazionale, Italia compresa, abbiano tratto buoni insegnamenti dalla tragedia di settant’anni fa e stiano tenendo fede all’impegno di fratellanza che i nostri giovani, solamente pochi anni orsono, indicarono come valore fondante? Festeggiare la ricorrenza “dei 25 aprile” negli Stati europei ha un significato se serve a confermare la volontà di voler riprendere percorsi virtuosi di solidarietà assumendo scelte conseguenti di collaborazione fra le Nazioni. Un tema mai attuale come oggi, nel pieno della pandemia che ha investito anche l’intera Europa.

Ci pare di buon senso la massima scritta da un acuto saggista: “di fronte ai drammi c’è chi reagisce contro e chi invece costruisce; la differenza sta nell’educazione ricevuta”. Se siamo genitori o educatori, cerchiamo quindi di essere buoni maestri per la crescita di una cultura della partecipazione per “il bene comune”,  con spirito di accoglienza e di solidarietà sociale.

Chiudiamo con un’ultima notizia di toponomastica (anch’essa dovrebbe aiutare a ricordare) che incrocia la storia della Resistenza veronese. A San Giorgio in Salici, con la delibera consigliare n. 211 del 22 novembre 1979, una via è stata dedicata ai fratelli Zorzi. Chi sono costoro? Sono figli del nostro concittadino Carlo Zorzi Leonardo di Francesco, nato a Sona il 14 gennaio 1886 e che abitò al n. 234 della località Caliari.

Fu un insigne ingegnere e di professione “Gastaldo”, e come scrive la delibera “con profonda bontà d’animo e senso della giustizia”. Durante l’ultimo conflitto mondiale salvò personalmente molti ebrei.

Due suoi figli, ai quali fu intestata la via, seguirono le sue orme. Vittorio Zorzi, titolare della cattedra di composizione del Conservatorio musicale di Verona, fu anche maestro di libertà. Durante l’occupazione tedesca, nel periodo della Repubblica Sociale, fu il Capo del Terzo Comitato di Liberazione Veronese, quale esponente per il Partito d’Azione (dopo la guerra fu braccio destro di Adriano Olivetti e “scopritore” di Primo Levi scrittore); Piero Zorzi fu un inventore di vaglia. Nel 1974  sul lago di Garda assieme ad un altro ricercatore Omero Speri, mise a punto in laboratorio, un motore a “fusione fredda”. Insieme depositarono il brevetto relativo ad un dispositivo produttore di energia termonucleare controllata dell’idrogeno ed i suoi isotopi.

Nato a Rovereto (Trento) il 24 maggio 1940, ha conseguito il diploma di ragioneria a Verona. Sposato, con tre figli, ha svolto l’attività di dirigente d’azienda. È stato per quindici anni un amministratore comunale come assessore e sindaco di Sona. È storico delle vicende del Comune ed è autore di pubblicazioni sulla storia recente e dei secoli passati del territorio di Sona e dell’area veronese.